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Recensioni Io sono l'altra

Io sono l'altra di Cathleen Schine
Recensioni: 3/5

Lo stile elegante e sofisticato, l'acuta osservazione delle relazioni familiari e dell'animo umano e il senso dell'umorismo sono da sempre gli ingredienti dei romanzi di Cathleen Schine, che ancora una volta regala ai suoi lettori una commedia luminosa, mai superficiale, toccante e disincantata al tempo stesso.

Daphne e Laurel Wolfe sono due gemelle dai rossi capelli fiammanti, identiche e inseparabili. Hanno una lingua segreta, incomprensibile agli adulti, che caratterizza il loro rapporto simbiotico e la loro intimità, e fin da bambine sono ossessionate dalle parole. Per farle felici, il padre regala alle figlie una copia di un prezioso dizionario della lingua inglese, che, con le sue innumerevoli e sorprendenti definizioni, diventa un vero e proprio oggetto di culto, troneggiando su un leggio al centro della casa. Crescendo, nel corso degli anni Ottanta a Manhattan, l'infatuazione delle due ragazze per il linguaggio continua, ma proprio l'ossessione che le ha sempre tenute unite finirà per dividerle in età adulta. Daphne è una nota columnist che si dedica a preservare la dignità e l'eleganza formale della lingua classica, mentre Laurel ne adora la natura cangiante e camaleontica, divertendosi a stravolgerne le regole fino a diventare una poetessa di una certa fama. La passione per la bellezza e i tranelli del linguaggio si legano indissolubilmente al loro destino. Lo stile elegante e sofisticato, l'acuta osservazione delle relazioni familiari e dell'animo umano e il senso dell'umorismo sono da sempre gli ingredienti dei romanzi di Cathleen Schine, che ancora una volta regala ai suoi lettori una commedia luminosa, mai superficiale, toccante e disincantata al tempo stesso.

«Laurel era più vecchia di diciassette minuti. Daphne li odiava, quei diciassette minuti.
«Non li recupererò mai.»
«Non è una gara» obiettò il padre.
«Be', Laurel le vince tutte comunque.»
«Ma tu sei più intelligente» disse Laurel. Era stufa di sentirsi rinfacciare quei diciassette minuti. Era colpa sua se era la più grande? E la più alta? E la più veloce? Se era venuta fuori per prima? Il pensiero di essere "venuta fuori" da sua madre le dava la nausea. Perché continuavano a ripeterlo? Tu sei stata la prima a venire fuori, sei la maggiore perché sei venuta fuori per prima. «Tu sei più sveglia, per cui zitta.»
«Ma tu hai vissuto diciassette minuti senza di me. Io non ho mai vissuto senza di te.»
«E allora?»
«E allora non lo so. Però è così.»
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