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1988 - David di Donatello - Miglior attrice non protagonista - Ricci Elena Sofia
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Verdone è un uomo la cui vita, di coppia e lavorativa, scorre tranquilla. Tutto, però, viene scompaginato dall'arrivo della sorella, ribelle e poco incline a seguire le regole, tanto che egli dovrà seguirla per mettere ordine nella sua vita. Tutto vano, ed anche alla fine lui verrà travolto dai disatri della sorella!
Un tranquillo musicista di Spoleto ha una sorella tanto inquieta e combinaguai, quanto lui è tranquillo e mite. La morte della madre riporta a casa la sorella dopo molti anni. Ne appprofitta per reclamare dal musicista la soluzione di tutti i suoi guai (ha una relazione con un uomo anziano, un figlio da un ungherese, e un giorno anche una donna gelosa le spara).
Piacevole commedia giocata sul contrasto tra i due protagonisti, il mite e assennato Carlo (Verdone) e l’impulsiva e irrequieta sorella Silvia (Ornella Muti). Verdone vuole spingersi oltre la dimensione romana delle sue pellicole precedenti, alla ricerca di un respiro più internazionale, e non a caso il film è ambientato tra Spoleto (la città in cui si svolge il Festival dei Due Mondi), Budapest e Brighton. Con «Io e mia sorella» Verdone si dimostra a suo agio con i ritratti femminili, e la sua direzione delle attrici è inappuntabile: Elena Sofia Ricci (nei panni della moglie di Carlo, personaggio costruito in perfetta opposizione alla cognata) è austera e scontrosa al punto giusto, e sempre credibile, mentre la Muti sa cogliere la grande opportunità offertale da Verdone di misurarsi con un ruolo di maggior spessore rispetto a quello di provocante bellona sostenuto nelle commedie italiane degli anni Ottanta, al fianco per esempio di Adriano Celentano, Francesco Nuti e Renato Pozzetto.
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