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Si tratta di aperture diverse, "prolegomeni" a una antropologia dell'islam e del nostro immaginario su di esso. Ma gli squarci aperti permettono una serie di approfondimenti fecondi di una realtà così spesso travolta da ideologie rigide. Rivera muove da una critica del paradigma dello "scontro fra civiltà", e analizza alcuni processi di costruzione delle rappresentazioni che oppongono l'islam all'occidente; Kilani passa in rassegna le problematiche da affrontare per "detotalizzare" l'islam, storicizzarlo, e inserirlo in una trama universale. Gli altri saggi contribuiscono alla decostruzione dell'immaginario islamofobico di cui è intriso il pensiero dominante in Europa, e insieme alla revisione della categoria "Occidente". In particolare, Arkoun muove dai processi di globalizzazione, visti come responsabili dello sconvolgimento di tutte le tradizioni, non solo religiose, ma culturali, filosofiche, politico-giuridiche, tanto da costringere la stessa culla della ragione illuministica che ha fondato la modernità ad analizzarne i limiti e gli effetti perversi. Assistiamo al superamento di una fase storica che ha visto la costruzione dello Stato-nazione, i progressi della ricerca scientifica, il passaggio da solidarietà fondate sull'appartenenza a contratti sociali, con i recenti esiti degli allargamenti degli spazi di cittadinanza nell'Unione europea. L'incertezza sui modi e gli sbocchi della transizione spinge però spesso questi stessi cittadini privilegiati verso comportamenti provinciali, connotati da chiusure culturali e xenofobie. L'involuzione degli stati colonialisti offre agli "Stati-nazione-partito" che hanno preso il potere nelle nazioni in via di sviluppo argomenti pericolosi di legittimazione. Il libro offre rari esempi di uno stile argomentativo laico in tempi segnati dalla convivenza tra presunzione "illuministica" e cedimenti intellettuali e politici a irrazionalismi e fondamentalismi d'ogni tipo.
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