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Mi sembrava di leggere un Harmony: arrivata a tre quarti l'ho mollato dalla disperazione. L'unica nota positiva sono alcune chicche di saggezza che l'autore inserisce quà e là durante la narrazione.
BELLISSIMO!!
Bellissimo libro che mi ha fatto vibrare delle corde non facili a muoversi. Personaggi indimenticabili .Appassionato e raffinato ,surreale e realissimo, spietato e tenerissimo ,avere voglia di leggerlo in una botta , senza mollarlo fino alla fine ma costringersi a dosarlo...poco per volta perchè quado sarà finito finirà anche il piacere di una cosi' bella lettura
Recensioni
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Stephen Vizinczey occupa un posto peculiare all'interno dell'ormai folto gruppo di scrittori espatriati che hanno scelto di scrivere nella lingua del paese d'adozione. Ne è dimostrazione lampante Un innocente milionario , uscito per la prima volta in Italia nel 1988 per la Rizzoli e ristampato da poco dalla Marsilio. Lo scrittore di origine ungherese trapiantato in Canada sembra infatti aver risolto pacificamente il nodo inestricabile che in questo tipo di scrittori lega lingua e identità.
Pertanto non ci troviamo di fronte a una forma in continua evoluzione, a suo modo sempre "sperimentale", ma a un io che si rispecchia in una scrittura limpida e sicura. Non stupisce che Anthony Burgess abbia elogiato a più riprese l'inglese di Vizinczey: nei momenti migliori il suo stile assomma in sé l'asciuttezza di Kristof e la densità della prosa di Nabokov. Tanto nitore è così in grado di trasmettersi anche all'impianto narrativo che regge tranquillamente l'urto delle oltre cinquecento pagine di cui è costituito il romanzo. L'equilibrio dell'insieme non ha però alle sue fondamenta un universo ordinato e incorrotto, ma un soggetto che cerca progressivamente di venire alla luce. Viene così quasi spontaneo pensare che il favoloso tesoro sommerso che Mark Niven, il protagonista del libro, insegue per tutto il romanzo non sia altro che questa lingua cristallina.
Non è un caso che molti dei personaggi abbiano perso qualcosa e che comincino a "esistere" davvero solo dal momento in cui si mettono alla ricerca di questo qualcosa. A partire naturalmente da Mark che, figlio di un attore giramondo, si mette alla ricerca dei dobloni della Flora, un antico galeone spagnolo, dapprima nelle polverose carte di archivi e di biblioteche e poi nell'Oceano Atlantico. Più precisamente di fronte a un'isoletta delle Bahamas abitata esclusivamente da ricchi e arricchiti, dove Mark s'innamora di Marianne Hardwick, moglie di un noto magnate dell'industria.
Trovato in un colpo solo un doppio tesoro, l'amore e i dobloni, per Mark cominciano i guai, e nel suo cognome (Niven evoca il nives latino) s'intravedono le stimmate del destino futuro: la sua innocenza è facile preda in un mondo senza scrupoli, impersonato di volta in volta dal truffatore di professione Vallantine al geloso marito di Marianne, dal governo delle Bahamas agli avvocati di New York.
Una storia dal sapore ottocentesco che non vuole nascondere le pulsioni che la attraversano da cima a fondo, e che condurranno a un epilogo che è meglio non svelare. E se Vizinczey nelle pagine più riuscite è in grado di dare del tu ai classici, di passare abilmente da Stendhal a Twain, altrove non riesce a trattenere come vorrebbe le sorti dei suoi personaggi, che danno vita così a un romanzo lucido e piacevole, ma non del tutto avvincente. A conti fatti, sembra dirci lo scrittore, ogni strada è praticabile ma nessuna è facile come sembra, proprio come aveva profetizzato in Elogio delle donne mature : "Neanche in una rivoluzione combatti contro il tuo vero nemico".
Roberto Canella
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