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Dal 1968 al 1974 Carlos Fuentes scrive uno dei suoi romanzi più importanti e ambiziosi. S'intitola Terra nostra ed esce nel 1975. Sei anni di lavoro e ottocento pagine. Una sorta di fantasiosa summa di un'epoca controversa e centrale nella storia dell'umanità: l'incontro/scontro fra il vecchio e il nuovo mondo che inaugura la cosiddetta era moderna. Un affresco affascinante e complesso di un momento cruciale in cui, a dispetto dell'agguerrita offensiva controriformista patrocinata dalla Spagna imperiale, sembrano finalmente convergere gli inesplosi sedimenti di secoli di pensiero eterodosso. Il lavoro preparatorio di questo romanzo barocco e raffinato ha portato Carlos Fuentes a confrontarsi enciclopedicamente con la mitologia, la storia, la critica letteraria, la fantascienza, la filosofia, l'antropologia e, non ultima, la letteratura, nella scia del romanzo matrice di ogni altro romanzo a venire, il Don Chisciotte .
In margine all'invenzione e alla valenza metaforica delle vicende narrate in Terra nostra , l'autore ha raccolto in questo breve saggio finora inedito in Italia le riflessioni che ne hanno accompagnato la gestazione e la stesura, partendo proprio da un'indagine sulla natura innovativa ed eterodossa del romanzo di Cervantes nei confronti dei valori dell'epica da un lato e della picaresca dall'altro - incarnati, rispettivamente, dai personaggi di don Chisciotte e Sancho Panza - ma anche da considerazioni in merito alla contingenza storica che, in misura "inversamente proporzionale", ha alimentato questo capolavoro dell'epoca barocca e di tutte le epoche.
Nell'impossibilità di riassumere le intense cento pagine ora saggiamente proposte in traduzione italiana da Donzelli, che mettono a confronto dialetticamente medioevo e Rinascimento, erasmismo e Controriforma, Miguel de Cervantes e James Joyce, passando attraverso l'acuta analisi del concetto di scrittura "connotativa" - che è come dire il gene comune a qualunque capolavoro letterario passato e a venire - se ne raccomanda la lettura a un pubblico colto ancora in grado di lasciarsi stupire.
Tuttavia, con due lamentele e un generale rammarico. La prima è che viene offerta al lettore italiano la possibilità di leggere un testo i cui temi sono esemplarmente rielaborati e amplificati in un romanzo che, a più di trent'anni dalla sua pubblicazione, non è ancora disponibile in traduzione italiana, se mai lo sarà. Il mercato editoriale italiano è del resto caratterizzato da queste bizzarie, forse indicative di una scarsa fiducia nella sensibilità e nella cultura del nostro pubblico di lettori. Laddove in tutti i principali paesi europei a Fuentes è da sempre riconosciuta la centralità che merita nel panorama della tanto decantata narrativa latinoamericana, e Terra nostra , all'interno della sua produzione, è considerata opera imprescindibile, in Italia, pavidamente, si preferisce anteporre a simili capolavori di prelibata cucina letteraria, i cliché rifritti di certi Sepúlveda e Coelho. Da cui la seconda lamentela, di minor rilievo, ma che attiene allo specifico del saggio qui presentato, riguardo alla necessità sentita dall'editore (sicuramente più che dalla brava curatrice), di apporvi un titolo non originale (che era Cervantes, o la crítica de la lectura ). Supponiamo, infatti, che L'ingegnoso Don Chisciotte che campeggia in copertina, abbia lo scopo di attirare un pubblico più vasto - ingannandolo un po' - con il richiamo all'universalmente noto personaggio più che al suo autore e a quella "critica della lettura" che è effettivamente uno dei principali temi dibattuti nel libro. Il lettore non si sbagli: nessuna riflessione comica intorno all'ingegnoso cavaliere. Questo è un libro serio, un gioiellino che richiede un po' di preparazione. In caso contrario, si consiglia di tornare agli autori sopra citati.
Vittoria Martinetto
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