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Anno edizione: 2020
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Ingegneri di anime è la storia incredibile di due viaggi – uno letterale, uno immaginario – attraverso la Russia contemporanea e la letteratura sovietica, un saggio narrativo raro e prezioso, capace di innescare nuove riflessioni e aprire inaspettati punti di vista sul rapporto tra letteratura e ideologia.
Combinando il giornalismo investigativo con la storia della letteratura, Westerman trascina il lettore nella selvaggia euforia della Rivoluzione russa, indaga la manipolazione della cartografia in epoca sovietica, racconta il delirante progetto di Stalin di sovvertire l’ineluttabilità delle forze naturali del territorio russo .
Il 26 ottobre 1932 Stalin si presentò a una riunione di scrittori a casa di Maxim Gorky. Stalin dichiarò che i progressi industriali sarebbero stati vani senza la formazione del nuovo uomo sovietico: la produzione di carri armati doveva andare di pari passo con quella delle anime e il compito di forgiarle toccava agli scrittori che furono incoraggiati a cantare le lodi della costruzione di canali e dighe. Da quel momento non ci fu complesso industriale che non avesse il suo racconto celebrativo. Ma il loro entusiasmo – inizialmente spontaneo e idealista – divenne presto un canto di lode obbligatorio. E poiché questi colossali acquedotti portarono alla schiavitù, alla morte e alla distruzione, gli scrittori sovietici lavorano al servizio di un folle progetto totalitario. Combinando il giornalismo investigativo con la storia della letteratura, Westerman trascina il lettore nella selvaggia euforia della Rivoluzione russa, indaga la manipolazione della cartografia in epoca sovietica, racconta il delirante progetto di Stalin di sovvertire l’ineluttabilità delle forze naturali del territorio russo attraverso grandi opere ingegneristiche mai finite (come il prosciugamento del golfo di Kara-Bogaz per estrarre il solfato di sodio) esaminando sia il panorama del “dispotismo orientale” sia i libri – e le vite – degli scrittori catturati dalle ruote del sistema.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Partendo da una frase di Stalin in cui coloro che impugnavano la penna venivano definiti "ingegneri di anime", Frank Westerman ripercorre la storia di alcuni scrittori sovietici che si erano visti costretti a magnificare l'installazione di dighe e altre opere di ingegneria dell'irrigazione, alternando la ricostruzione storica alle sue personali esperienze e riflessioni in visita in Russia. Avevo iniziato, dello stesso autore, "Noi, umani" ma non sono riuscita ad andare molto oltre le prime 30 pagine perché era un libro pieno di dati antropologici che non presentavano una narrazione vera e propria, come invece avviene qui, cosa che ho apprezzato enormemente.
Frank Westerman usa un linguaggio tra la cronaca giornalistica, la riflessione sociologica (anche se spesso solo abbozzata in forma di domanda) e il romanzo di viaggio per raccontare se sia ancora possibile diventare soldati delle parole e non solo soldati delle armi. La domanda alla base del libro suona alquanto retorica, ma non è detto che porsi domande apparentemente trite e ritrite sia poi un male. Westerman si chiede e ci chiede se sia ancora possibile oggi arginare la violenza delle armi con le sole parole. Come tutte le domande retoriche non ha una risposta la cui verità sia ultima e definitiva: la bellezza di questo libro è nel lasciare aperta ad ognuno di noi la possibilità della propria risposta. Una lettura interessante che mi ha fatto conoscere un autore con il dono della leggerezza e della sobrietà.
Piuttosto noiosetta la lettura di questo libro, visto che l'autore concentra tutta la sua attenzione su un singolo caso (quello del golfo del Kara-Bogaz). Sarebbe stata una trattazione più interessante se avesse ampliato lo sguardo alla gran parte delle opere di ingegneria idraulica previste dai piani quinquennali di staliniana memoria e edificate da migliaia di prigionieri provenienti dai gulag.
Recensioni
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