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Questo saggio del virologo Fabrizio Pregliasco e dell'editorialista scientifico Giulio Divo nasce dall'esigenza di dare informazioni corrette sul "virus dei polli", la febbre aviaria che da pochi giorni è arrivata anche in Italia infettando otto cigni reali nelle regioni meridionali. Questa influenza scoppiò nel 1997 a Hong Kong quando ci fu la prima vittima del virus H5N1, un bimbo di tre anni. Dopo quell'episodio le autorità cinesi circoscrissero il virus abbattendo centinaia di migliaia di polli e altri uccelli d'allevamento e isolando alcune specie nei mercati della città. Si arrivò, nel silenzio dei media, al 2003 quando, tra Vietnam e Cambogia, l'H5N1 cominciò a contagiare altre persone e a mietere nuove vittime. Poi ancora tutto tacque fino alla fine del 2004, quando l'emergenza riesplose in Cina, Corea e Thailandia con decine di decessi, fino alle cronache degli ultimi mesi, con il virus che è giunto in Romania, Turchia e ora in Italia, Germania e Austria.
La morte avviene per una grave polmonite virale: il virus H5N1 aggredisce le basse vie respiratorie. Ma ciò che ricorda la pandemia della febbre "spagnola" del 1918 (che provocò la morte di 40 milioni di persone di cui 270 mila in Italia) è l'iperreazione immunitaria al virus che causa uno choc tale da mandare in corto circuito il funzionamento degli organi interni. Gli autori però specificano che all'alta mortalità del virus corrisponde una scarsa possibilità di contagio: la malattia si trasmette tra gli uccelli attraverso le feci e lo scambio di fluidi corporei, mentre dai polli all'uomo passa con il contatto e la promiscuità tra l'allevatore e il volatile. Per ora vi è solo una possibilità teorica che sorga un ibrido virale adatto a trasmettersi da uomo a uomo; eventualità che si verificherà se e quando l'H5N1 infetterà un animale (i suini sono i più predisposti) o un uomo combinandosi con un virus influenzale preesistente e facilmente trasmissibile. Questa trasformazione non è ancora avvenuta ma se succedesse, e se l'epidemia si diffondesse, ben difficilmente un vaccino sarebbe pronto prima di tre o quattro mesi dalla dichiarazione di pericolo da parte dell'Organizzazione mondiale della sanità. E ce ne sarebbe a disposizione solo un milione di dosi, troppo poche per così vaste esigenze globali.
Il libro prosegue con l'analisi del sensazionalismo dei giornali, delle speculazioni delle aziende farmaceutiche e con una serie di interviste sul tema al filosofo Giulio Giorello, al ministro della Salute Francesco Storace e al sociologo Franco Ferrarotti. Nelle conclusioni, a fronte di una malattia che per ora è giunta a 132 casi conclamati con circa 70 vittime (anche se in Cina i morti sarebbero 300 anziché i 3 dichiarati ufficialmente dal governo di Pechino), gli autori scrivono che la ricerca su vaccini e antivirali pur tra mille ostacoli prosegue, che la progressione pandemica dell'aviaria ha leggermente rallentato il suo corso, ma che il virus H5N1 ormai divenuto endemico in Estremo Oriente potrebbe presto esser superato per pericolosità da un altro virus ad esso imparentato e ad oggi sconosciuto.
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