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Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai romantici - Francesco Orlando - copertina
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Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai romantici - Francesco Orlando - copertina
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Dettagli

2007
17 luglio 2006
344 p.
9788877818126

Voce della critica

È frequente, nel grande romanzo ottocentesco, la rievocazione, per lo più in prima persona, dei ricordi d'infanzia del protagonista. Il lettore di David Copperfield non si stupisce che il narratore, ormai adulto, lo metta al corrente dell'entusiasmo provato, a cinque o sei anni, davanti a un battello trasformato in abitazione, o dei primi sentimenti di diffidenza di fronte al patrigno Murdstone. Eppure, a metà Ottocento, quando Dickens scrive il suo romanzo, l'importanza dei ricordi infantili per la ricostruzione di un'esistenza umana nel suo complesso è un'acquisizione relativamente recente: risale a meno di un secolo prima. Stanno a dimostrarlo le reazioni della critica al primo volume delle Confessioni di Rousseau, nel 1782. I recensori insorgono in nome del senso comune: come può l'autore soffermarsi gravement, "con serietà", su ricordi d'infanzia che nell'ottica dell'età matura appaiono inevitabilmente irrilevanti e privi di ogni valore? Tra queste obiezioni scandalizzate all'aspetto più nuovo dell'impresa memorialistica di Rousseau e l'universale successo di un romanzo come David Copperfield, si è compiuto un intero ciclo. Una vera e propria "rivoluzione tematica" ha investito il mondo della letteratura, proprio negli stessi decenni in cui un'altra Rivoluzione, liquidando l'Ancien régime, rinnovava in modo irreversibile la vita sociale e politica. È questa rivoluzione tematica, che dalla memorialistica si irradia successivamente nel romanzo, l'oggetto centrale di uno degli studi più appassionanti di Francesco Orlando che, a quarant'anni dalla sua prima edizione, presso Liviana, torna in libreria per sollecitare nuove generazioni di lettori a riflettere su un nodo storico ricco di sviluppi che ancora oggi ci riguardano da vicino.
L'approccio metodologico di Infanzia, memoria e storia dipende molto da vicino dal modello di Mimesis. Come Auerbach aveva ricostruito, attraverso l'analisi di una lunga serie di testi-campione, la penetrazione dei contenuti "bassi", quotidiani, umili, nella tradizione letteraria occidentale, allo stesso modo e attraverso un'analoga successione di approfondite letture testuali Orlando ci aiuta a comprendere l'irruzione del ricordo infantile in un mondo che da secoli lo condannava come futile. È Rousseau il primo a evocare ricordi d'infanzia minimi e gratuiti, portando come giustificazione il piacere che gli procurano, e che si fa più vivo e intenso con il trascorrere degli anni. Di questa giustificazione psicologica Orlando fa emergere i presupposti storici, legati al declino della tradizione religiosa incalzata dalla critica dei philosophes: "Dietro l'intenerimento che alimenta il ricordo d'infanzia e ne è alimentato, c'è l'angoscia soggiacente del declino fisico e della morte, ma completamente scioltasi dai suoi tradizionali riferimenti religiosi, fattasi sotterranea, corporale, personale, e suscettibile di una tenera edonistica distensione". Svuotatasi la morte del suo pathos cristiano, "ora è come se un diverso pathos, emigrando nel ricordo d'infanzia, andasse a rifugiarsi all'altra estremità della vita umana".
Tra le strategie retoriche cui Rousseau ricorre per far accettare ai suoi lettori questo rovesciamento, spicca un uso peculiare dell'ironia. Nel riferire qualche iniziativa infantile vissuta dai suoi protagonisti come un' impresa eroica, Rousseau adotta, ironicamente, proprio il linguaggio magniloquente dell'epica. Il risultato ha un curioso carattere di ambivalenza: da un lato l'ambizione infantile ne risulta ridicolizzata, con soddisfazione del senso comune del lettore adulto, ma dall'altro lato, forse per la prima volta, un memorialista fa proprio, sia pure scherzosamente, il punto di vista infantile. È un'innovazione dalle conseguenze incalcolabili: caduta la cautela dell'ironia, per Rousseau ancora necessaria, l'adozione del punto di vista infantile diverrà la regola di una tradizione memorialistica che da Goethe e Stendhal arriverà sino a Sartre e caratterizzerà ampie zone del romanzo moderno, da Dickens a Proust e Joyce.
Tra i capitoli più suggestivi del libro spicca quello dedicato a Chateaubriand, incentrato proprio su quell'operazione complessa che è, per il memorialista maturo, la riconquista del punto di vista infantile. Nelle Memorie d'oltretomba hanno a questo proposito una singolarissima efficacia le pagine dedicate al castello di Combourg, dove il narratore vive con i genitori e con la sorella Lucile dall'età di nove anni. L'immensa dimora feudale, del tutto sproporzionata alle esigenze di una famiglia di quattro persone, è un angoscioso labirinto per il ragazzino, costretto ad andare a dormire in una torre solitaria, dopo lunghe serate trascorse, accanto alla sorella, in una "sala troppo vasta" che il padre misura a passi silenziosi, lanciando di tanto in tanto ai figli uno sguardo severo. Come nel caso di Rousseau, anche in questo la lettura di Orlando interviene a svelare la sostanza storica di un racconto in apparenza centrato su dati strettamente personali.
È una precisa contingenza storica a determinare la percezione dello spazio da parte del narratore delle Memorie d'oltretomba: "Se Chateaubriand fosse nato nel castello e se soprattutto fosse stato avvezzo a vederne le sale, le scale e le gallerie funzionalmente animate dalla vita feudale accogliente e fastosa per la quale esso era stato edificato, è probabile che non avrebbe mai sentito la poesia dell'oscura immensità di pietra, più di quanto non poteva sentirla uno scrittore nobile e castellano, del Cinque, del Sei o del primo Settecento". Figlio di un'aristocrazia impoverita (il padre non ha ereditato Combourg, ma l'ha acquistato con anni di durissimi sacrifici), Chateaubriand diviene, attraverso il recupero dei suoi ricordi d'infanzia, il testimone privilegiato del declino della sua classe d'origine: l'eccesso di spazio in cui si smarrisce nel castello bretone la famiglia spaurita viene nelle sue pagine a simboleggiare la decadenza del ceto aristocratico di fronte ai prodromi della Rivoluzione.
D'altronde, per tutti i memorialisti che scrivono dopo Rousseau, la Rivoluzione è un punto di riferimento ineludibile. Per Madame Roland, che redige le sue memorie in carcere, in attesa di salire sul patibolo, rappresenta una sorta di abisso temporale che fa sì che i ricordi d'infanzia paiano emergere da distanze siderali; per Stendhal, che ricorda di aver gioito, decenne, alla notizia della decapitazione di Luigi XVI, è la fine del dominio del padre despota e dei preti suoi complici. La riconquista, da parte del memorialista della Vita di Henri Brulard, del punto di vista infantile, "dal basso", non sarà soltanto un'innovazione letteraria gravida di avvenire, ma la coerente continuazione del suo precoce opporsi a ogni tirannia.
Rigoroso e sottile, il discorso di Orlando coglie il momento aurorale del tema del ricordo d'infanzia, a cavallo tra Sette e Ottocento. Ne prolunga alcune linee di forza, con un'esemplificazione che giunge sino ai nostri giorni, un ampio e informatissimo saggio di Sergio Zatti, sintesi efficace di quella problematica dell'autobiografia che occupa nel dibattito critico odierno una posizione centrale.
  Mariolina Bertini

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Conosci l'autore

Francesco Orlando

1934, Palermo

Francesco Orlando è stato un docente e critico letterario. È stato l'unico allievo privato di Tomasi di Lampedusa di cui è diventato uno dei principali interpreti.Si laurea in letteratura francese; a partire dal 1953 Tomasi di Lampedusa lo invita alle lezioni di letteratura inglese e francese che teneva privatamente per un gruppo di giovani amici nella sua abitazione. In questa sede Orlando ha i primi contatti con la psicoanalisi, materia che sarà decisiva per tutta la sua ricerca successiva. Ha insegnato letteratura francese presso le università di Pisa, Napoli e Venezia. A Pisa è stato docente presso la Scuola Normale Superiore e nel 1984 ottiene il conferimento della prima cattedra italiana di teoria della letteratura, disciplina che ha insegnato...

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