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Ripropongo qui il commento - riportato sul libro - chiestomi a voce dall'autore e che io ho preferito mettere per iscritto: “Di parte, sei di parte” mi ripeteva mentre passeggiavamo – la luce smorzata dei lampioni, il cigno (quel cigno) a farci compagnia qualche metro più in là, con discrezione quasi a non voler tubare quella magica atmosfera – sul lungolago di Luino, quello stesso più volte percorso con la mente tra le righe del romanzo. Sarò anche di parte perché, non sapendo, ho vissuto, prima di leggere, quell’inchiostro scritto nero su bianco qualche mese prima. Non lo sapevo io, non lo poteva immaginare nemmeno Carlo – il Giulio di “Nonna Lia” – che le sue parole avrebbero preso forma e le speranze (perché di speranze in fondo si tratta) sarebbero divenute realtà. Ti avvicini alle pagine pensando di leggere un romanzo e del romanzo trovi la storia; della vita devi invece scoprire i fili sottilmente tracciati ed intrecciati tra passato, presente e futuro con l’abilità del ragno che tesse la sua tela, fragile opera di un insolito ingegnere e al tempo stesso terribile trappola di morte. Ti appassionerai a quel borbottio della caffettiera che scandisce meglio di un calendario o dell’ossessivo ticchettio di un orologio l’inesorabile scorrere del tempo. Ti chiederai se veramente possa esistere una storia d’amore vissuta e raccontata con la delicatezza delle tinte di un acquerello che la punta del pennello ha disegnato sfiorando appena un foglio bianco. Arriverai a dirti “Sono le fantasie di una persona che rimpiange di non aver vissuto ciò che scrive”; ti assicuro che non di sogni si tratta ma di ferma determinazione e caparbietà, maturate non ereditate. Un universo femminile cui viene riconosciuto il merito di far crescere gli uomini nella quotidianità del vivere. Un universo maschile fatto di uomini capaci di odiare ed uccidere per il troppo amore, incapaci di vivere ancora dopo aver perso la persona amata, in ci
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