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Questa autobiografia è del 1789. Equiano la scrive per denunciare gli orrori dello schiavismo che oggi, in un mondo di migrazioni irreprimibili, ricordano altri orrori – a noi vicini.
«Tradurre oggi la storia di Olaudah Equiano significa scegliere tra due possibilità. Quella di considerarlo oggetto di studio, un reperto letterario da analizzare dal punto di vista filologico, storico, sociologico, antropologico, da corredare di note, rimandi e precisazioni per consegnarlo, infine, al lettore nella sua forma “museale” con relativo cartellino che recita: «narrativa nera della schiavitù del XVIII secolo», oppure come esperienza cui si restituisce voce e attualità, per regalare al lettore un racconto di vita di altri tempi, di altri luoghi e circostanze, un frammento della nostra storia umana, per alcuni aspetti, purtroppo, ancora estremamente attuale. È quello che si è scelto di fare qui, superando con un unico grande passo la barriera della lingua e quella del tempo.» - Giuliana Schiavi
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