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Anno edizione: 2009
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grande ispirazione ogni volta
Mongolia in retromarcia è pura letteratura di viaggio. Un paese ai più ancora sconosciuto, la Mongolia, apre le porte e mostra in modo disarmante i suoi codici culturali, la sua ricchezza semplice, le proprie radici ben conficcate in una terra sconfinata mentre l’autore Zamboni, attraversandola, si rende sempre più conto di aver il privilegio temporaneo di poter regredire all’essenziale, di potersi avvicinare paradossalmente a un cosmos da tempo rinnegato dalla società occidentale a favore di un caos sempre più soffocante. Mongolia in retromarcia è il libro che non può mancare nella libreria di ogni viaggiatore che si rispetti, un libro in cui il linguaggio modernamente sgrammaticato non conta niente al cospetto delle immagini pure e struggenti che riesce a plasmare nel suo incedere cinematografico.
In tempi di Corona Virus – Covid19 forse sarebbe meglio anziché ammassarci in luoghi pubblici a fare la spesa investire il nostro tempo in letture, e questo splendido In Mongolia in retromarcia di Massimo Zamboni potrebbe essere una bella scoperta per chi ancora non ha avuto la possibilità di leggerlo. Sì perché il volume al quale mi riferisco è l’edizione del 2009, ristampa di quello datato 2000 senza la doppia firma e quindi senza la parte titolata Il traboccare del vuoto a firma Giovanni Lindo Ferretti, e con l’aggiunta di una Prefazione e di una Conclusione più una serie di bellissime fotografie di Giacomo Baroni. “E’ così esatta la percezione della forza degli opposti, in Mongolia, così definitiva, da causare spiazzamento in noi che abitiamo il mondo delle mediazioni. Luce che è soltanto luce, tenebra che è profondamente tenebra, e non c’è niente che la possa scalfire. Il Sole; o la Luna. Con le medesime ragioni. Le ragioni che si scandiscono tra loro con il taglio delle cesoie. Si vive. Si muore. Per medesime ragioni. Il succedersi delle priorità e delle reciprocità tra gli opposti si scansiona con la precisione di una matematica universale. La mancanza delle sovrastrutture lascia sgombra una terra che non è abituata ai sinonimi, ai bizantinismi, dove ogni parola, ogni uomo o animale, vale e pretende per il suo carattere unico e non sostituibile. In un campo ottico di quelle dimensioni, senza limiti che non siano le incapacità degli occhi, ogni uomo che cammina – ogni minuscolo, imperfetto rappresentante degli umani, del tutto sovrastato dall’incombere degli opposti naturali – ogni perfetta aquila, ogni cavallo o yak, imparano a riempire il quadro visivo con lo strapotere dei dominatori. La significanza degli esseri viventi si esalta nella loro rarità. Ogni vita, strappata giorno per giorno, consente le altre, e attira il mondo a sé.” (Parole di Massimo Zamboni estrapolate dall’introduzione). E’ un libro che volendo non è semplicissimo come struttura, perché h
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