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I recenti sviluppi della teoria economica hanno indebolito la tradizionale distinzione tra micro e macroeconomia e hanno reso più frastagliati i confini tra impostazioni ortodosse ed eterodosse. Tali sviluppi si basano soprattutto su una nuova analisi del funzionamento dei mercati e della loro capacità di assicurare un efficiente coordinamento del sistema economico. Essi fanno così emergere le debolezze della microeconomia tradizionale che in genere non vengono adeguatamente sottolineate nella trattazione manualistica. I filoni di ricerca che alimentano la microeconomia non tradizionale sono numerosi. I saggi raccolti nel volume, che si segnalano per la chiarezza dell’esposizione, riguardano due di essi: l’istituzionalismo moderno e la “nuova economia di keynesiana”. Essi mostrano la rilevanza delle istituzioni e della connessa analisi di carenze informative, nuove forme di razionalità, costi di transazione.
recensione di Antonelli, C., L'Indice 1992, n. 6
La microeconomia è una delle parti fondamentali dell'analisi economica: in essa si pongono le fondamenta dello studio dell'agire economico dei singoli agenti nelle loro molteplici vesti di consumatori e risparmiatori, capitalisti e lavoratori, investitori e imprenditori. In realtà fino a tutti gli anni quaranta esisteva solo la microeconomia: l'analisi degli aggregati economici, indipendentemente dall'indagine sui fondamenti dell'agire individuale, non sembrava infatti plausibile. Nel corso degli anni cinquanta, con la costituzione di un nucleo analitico che elegge a oggetto precipuo e diretto il omportamento degli aggregati prima e indipendentemente dall'osservazione del comportamento dei singoli agenti, in tutta l'Europa continentale e in particolare in Italia si costituivano due tronconi: la macroeconomia e la microeconomia.
In effetti, questa stessa bipartizione suggellava il fallimento dell'equilibrio economico generale come categoria interpretativa. La microeconomia è stata a lungo considerata una parte desueta e superata dell'analisi economica, e la macroeconomia ha attirato per molti decenni gli entusiasmi e i contributi della maggior parte degli economisti di idee progressiste. La divisione del lavoro si spingeva a punti così estremi da consentire a molti economisti di ignorare del tutto la microeconomia, e suggeriva in alcuni casi la stessa eliminazione dei corsi di microeconomia dai curricula di studi universitari. Le conseguenze di questa asimmetria nella distribuzione delle preferenze degli economisti non sono state del tutto positive. In primo luogo, la macroeconomia ha a lungo trascurato i problemi relativi all'offerta, cioè al omportamento dei produttori a fronte delle sollecitazioni impresse alla domanda aggregata dalla politica economica. In secondo luogo, il comportamento dei risparmiatori, degli investitori e le scelte relative all'impiego della moneta sono state stilizzate con una disinvoltura spesso eccessiva. Da ultimo, in particolare in Italia, la microeconomia analitica è stata sostituita di fatto da narrazioni descrittive del comportamento di aggregati intermedi - come settori industriali, mercati del lavoro regionali, grandi imprese aventi un contenuto analitico molto povero e una capacità interpretativa spesso assai modesta.
Nel frattempo, specie negli Stati Uniti, la microeconomia veniva rifondata con un'energia e un entusiasmo non dissimile dai tempi in cui la macroeconomia muoveva i suoi primi passi. La ricostruzione avveniva attorno a ipotesi sui fondamenti dell'agire economico individuale assai remote da quelle classiche.La teoria dell'informazione e la teoria della conoscenza forniscono i fondamentali utensili intellettuali tanto per rimuovere gli assunti tradizionali di informazione perfetta e di conoscenza illimitata degli agenti quanto per affrontare le questioni dell'apprendimento, dell'interazione strategica, dei fenomeni di condotta gregaria e di interdipendenza nella formazione delle preferenze. In particolare la nuova microeconomia si sofferma sulle problematiche relative all'inserimento del tempo nell'analisi delle condotte dei singoli operatori sui vari mercati, e sulle conseguenze dei vari processi di formazione delle aspettative. La microeconomia non tradizionale si caratterizza anche per uno sforzo particolarmente intenso di superare un classico limite dell'analisi tradizionale costituito dal carattere esogeno della tecnologia, sia per quanto riguarda i vincoli tecnici che le nuove tecnologie pongono alle scelte degli agenti rispetto a quelle precedenti, sia per quanto riguarda la velocità di introduzione e diffusione delle stesse nuove tecnologie.
Lo sviluppo della nuova microeconomia ha avuto nei paesi di lingua inglese un ritmo incalzante nel corso degli anni ottanta e ha progressivamente rivoluzionato varie discipline: l'economia dell'impresa, l'economia industriale, l'economia del lavoro, l'economia monetaria e degli intermediari finanziari, la teoria dello sviluppo economico. Di tutto questo in Italia era giunta un'eco spesso confusa e deformata. Approssimative valutazioni politiche avevano in un primo tempo indotto molti osservatori a etichettare questa ripresa della microeconomia come parte di una più ampia operazione neo-liberale che mirava a debellare la macroeconomia e con essa il ruolo dello stato nell'economia. Si stentava a rendersi conto che l'acquisizione e la piena integrazione nell'analisi economica delle categorie di razionalità limitata, costi di transazione, apprendimento, esternalità, rendeva ancora più difficile un ritorno all'equilibrio economico generale, e consentiva di affrontare le affascinanti problematiche dei processi di crescita "path-dependent" (ovvero dipendenti dal percorso storico del sistema) degli stati stazionari non-ergodici (cioè caratterizzati da ambiti di scelte irreversibili), più in generale dei fenomeni di isteresi e coazione a ripetere che caratterizzano spesso i risultati aggregati dell'interazione di agenti solo parzialmente informati, ma capaci di apprendere.
La preziosa antologia curata da Maurizio Franzini e Marcello Messori consente finalmente anche ai lettori italiani, e (si spera) in particolare agli studenti, di accedere direttamente ad alcuni dei contributi più significativi che hanno formato la microeconomia moderna come quelli di Herbert Simon, Joe Stiglitz , Amartya Sen. La raccolta dei saggi è preceduta da un'ampia introduzione dei curatori che ricostruisce il processo di formazione della nuova microeconomia e aiuta a cogliere i punti comuni ai vari contributi. Così facendo Franzini e Messori gettano le basi per una lettura critica del percorso analitico che ha portato alla nascita della microeconomia contemporanea con una classica operazione di storia dell'analisi economica contemporanea. L'unica critica che il recensore sente di dover annotare riguarda lo scarso peso che i curatori hanno dedicato all'indagine del cambiamento tecnologico che pure costituisce uno dei capisaldi della moderna microeconomia.
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