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L'«imbroglio» delle riforme amministrative
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L'«imbroglio» delle riforme amministrative - Fabio Merusi - copertina
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«imbroglio» delle riforme amministrative

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2016
30 novembre 2016
Libro universitario
80 p., Brossura
9788870007299

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alberto pierobon
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L’imbroglio supremo sta nella “distrazione” delle riforme dalla inerzia o peggio dei governanti: “politici cattivi cristiani” si diceva nel 500-600 stante la corruzione diffusa, cattiva amministrazione, ecc. la normativa anticorruzione per introdurre virtù? Con l’ANAC quale autorità di inquisizione parallela alla PA. Le riforme vanno giudicate con criteri aziendalistici? Va trovata la legittimazione giuridica per la loro utilizzazione onde misurare l’efficienza degli enti pubblici, non solo parametri giuridici perché le riforme implicano un giudizio economico-finanziario: l’organizzazione e l’attività amministravia non va misurata in termini esclusivamente giuridico-formali (principio di legalità) perché vanno pensate anche per intervenire nel ciclo economico. Esempi sono stati la SpA a partecipazione pubblica, la legge istitutiva del ministero partecipazioni statali, la dirigenza amministrativa col d.lgs. 165/2001 con poteri di gestione aziendale e quindi discrezionalità tecnica (cfr. art.97, comma 1, Cost.) nel buon andamento come principio di diritto: ma bisogna stabilire quale sia il suo contenuto: la regola di scienza dell’amministrazione da applicare nel caso concreto. Non basta prospettare una amministrazione di risultato se poi non si ammette il sindacato del giudice sul rispetto di tutte le regole giuridiche e non di scienza dell’amministrazione necessarie per raggiungere il risultato al quale l’attività amministrativa deve giungere. Non basta quindi il richiamo al principio di buon andamento se non si indica come definire cosa è, e anche in cosa consiste la buona amministrazione. Imparziialità e buon andamento dell'amministrazione nel loro rapporto , sperando che intervenga anche la giurisprudenza europea su questi aspetti. Ottima lettura.

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