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Lettura stimolante e densa per chi è interessato alla storia politica ed economica dell'Italia dagli anni Settanta a oggi. Il libro è diviso in due parti. La prima parte arriva alle soglie del 1992. La seconda parte racconta quello che è accaduto alle grandi imprese e alle banche dopo il 1992. Ovviamente il 1992 è l'anno cruciale sotto tutti i punti di vista: politico (Tangentopoli), sociale (gli attentati mafiosi), economico (il rischio di bancarotta). I capitoli più interessanti mi sembrano il X, sulle privatizzazioni delle grandi imprese pubbliche, il XVI, che tira le conclusioni delle trasformazioni nel sistema bancario, giudicate positive, e il XVII, dove ci si chiede perché le privatizzazioni non hanno funzionato. Non tutto è a mio avviso condivisibile: i ragionamenti sulle trame occulte hanno valore, perché il capitalismo di relazione conduce a queste derive, se non si eccede; le riforme sul lavoro in Italia avevano l'obiettivo di modificare l'ingresso nel mondo del lavoro dei giovani e di spingere le imprese a rischiare di più (là dove lo Stato ha mantenuto un impianto di welfare assistenziale anziché di workfare). Ma il succo del ragionamento sì: la perdita del vantaggio competitivo delle medie imprese, l'eccesso di piccola imprenditoria nei servizi, in mercati settoriali, a bassa produttività e bassi salari, e soprattutto una classe dirigente, politica e imprenditoriale, incapace di stabilire le regole del gioco (il giudizio su Berlusconi è netto) hanno reso l'Italia un Paese che non cresce ormai da 40 anni.
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