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L' illusione di sapere
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Dettagli

1995
Tascabile
5 settembre 1995
216 p.
9788804407089

Voce della critica


recensione di Fiorentino, G., L'Indice 1993, n. 9
(recensione pubblicata per l'edizione del 1993)

Come traspare dal titolo, il libro intende mostrare quanto sia diffusa l'illusione di sapere: a tutti capita di esseri convinti di sapere, e invece di sbagliare, perché verso l'errore il nostro pensiero è inconsciamente incanalato da "tunnel mentali" - come l'autore li chiama - a noi connaturati. E restarne fuori non è difficile soltanto per l'uomo della strada: a quanto egli riferisce, persino "i Nobel" sono facilmente vittima di quelle che - in analogia con le "illusioni ottiche" - sono state chiamate "illusioni cognitive".
Primi a evidenziare quel recesso molto importante della nostra psicologia, fino ai tempi relativamente recenti del tutto ignorato dagli studiosi, individuando un gran numero di illusioni cognitive quanto mai comuni, furono gli israeliani Amos Tversky e Daniel Kahneman, cui il libro è dedicato. Già da diversi anni, Piattelli Palmarini, ricercatore di scienze cognitive al Massachusetts Institute of Technology di Boston, è attivamente impegnato a diffondere anche da noi con pubblicazioni e seminari la conoscenza di quel nuovo filone della ricerca psicologica; ma con questo lavoro la sua ambizione si spinge più in là: mettendo in risalto come i nostri tunnel mentali possano inconsciamente indurci a decisioni errate, contrarie ai nostri stessi interessi, egli si fa promotore di un'operazione quanto mai meritevole di "igiene mentale".
Sono infatti molto numerosi, e insidiosi, i tranelli in cui i nostri tunnel mentali tendono a trascinarci: non c'è da vergognarsi se ci si casca, perché si è in buona compagnia, ma si può imparare a evitarli; e a quello scopo la lettura del libro rappresenta un ottimo esercizio, con i tanti esempi di illusioni cognitive, a parere da quella banale, ma quanto mai diffusa, che fa localizzare Marsiglia alla stessa latitudine di Genova, mentre è sensibilmente più a sud. Come dice il preambolo: "A questo punto cominciamo, spero, a sospettare che "possa" esserci qualcosa di "sistematicamente" strano, universale, inconsapevole, che succede nella nostra mente. Ma perché usare l'espressione tenebrosa e allarmante di 'tunnel'? Queste stranezze geografico-mentali possono divertirci e incuriosirci, ma certamente non ci allarmano. Ebbene, scopo di questo libro è dimostrare che dovrebbero allarmarci, che c'è "molto" di allarmante. Non certo per questi esempietti geografici, ma perché noi tutti possediamo illusioni cognitive di questa natura, e di questo calibro (cioè grossolane e macroscopiche), anche nel settore vitale delle "decisioni". Come vedremo, siamo spesso preda di vere e proprie illusioni cognitive anche quando ci troviamo nei consigli di amministrazione, nei tribunali, negli ospedali, o in famiglia. Lo siamo, senza accorgercene, in perfetta innocenza e in perfetta buona fede.
Certamente non tutte le illusioni cognitive hanno la stessa rilevanza: per andare da Genova a Marsiglia difficilmente ci si lascerà guidare da una semplice impressione; nemmeno, come si dirà, tutti gli esempi appaiono ugualmente convincenti, ma tutti rappresentano un efficace stimolo alla riflessione, e questa è la cosa più importante se si vuole evitare che i nostri tunnel inconsciamente ci portino fuori strada: "Si è scoperto che, alla luce di intuizioni spontanee assai anomale, adottando, spesso inconsapevolmente, regolette non solo assai diverse da, ma "incompatibili con" le regole 'auree' della razionalità, tutti noi imbocchiamo e spesso percorriamo fino in fondo, delle vere e proprie facili (e fallaci) 'scorciatoie' della mente".
Ma qual è l'origine di quei nostri tunnel? Grande ammiratore di Chomsky, il Piattelli Palmarini propende per un'origine innata anche per le nostre illusioni cognitive: "...Quasi certamente, le illusioni, i 'nodi' e i tunnel cognitivi... sono un retaggio della nostra specie. Forse sono stati utilissimi in ere remote. Forse hanno salvato i nostri lontani antenati dalle fiere e dalle carestie, ma anche ammesso che un darwinismo tanto ingenuo possa davvero funzionare, da gran tempo ci sono solo di peso".
Alcune hanno verosimilmente proprio un'origine innata, ma, al pari delle illusioni sensoriali, anche quelle cognitive possono derivare dall'intervento inconscio di meccanismi psicologici formati dalle esperienze più usuali, essere quindi acquisite: fidando fin troppo nella nostra esperienza, ci lasciamo di fatto facilmente incanalare verso scorciatoie mentali che abbiamo imparato a percorrere a occhi chiusi. Ma talvolta così pecchiamo di 'overconfidence' ("sicumera"): sorvolando su qualche dato del problema, le seguiamo troppo ciecamente e in particolari situazioni, che per la loro relativa rarità non hanno potuto affinare la nostra esperienza, ci portano fuori strada. Invero, dal peccato di 'overconfidence' nella propria esperienza non appare del tutto immune nemmeno l'autore stesso: "Un test clinico, atto a rilevare una certa forma di malattia, risulta positivo in un certo paziente. Vi viene detto che: a) L'affidabilità del test in questione è del 79%, b) La frequenza media della malattia, nella popolazione da cui viene il paziente, in quella fascia d'età, è dell'1%. Tenendo conto di tutto questo, qual è, secondo voi, la probabilità che quel paziente abbia "effettivamente" quella malattia?". L'esempio intende mostrare come le nostre valutazioni probabilistiche siano facilmente soggette a errore: "In fondo, dato il risultato del testo, riteniamo tutti che è più probabile che il paziente abbia quella malattia piuttosto che non l'abbia. Invece la risposta statisticamente corretta, calcolabile esattamente in base alla legge di Bayes è il 7%. Sì, abbiamo capito bene, il 7% ".
Il calcolo sarebbe corretto se l'individuo sottoposto al test fosse scelto a caso nel gruppo d'età cui si riferiscono le statistiche, ma questo non pare il caso: si parla di un "paziente", e se lo si sottopone al test ci deve essere qualche buona ragione per farlo, verosimilmente perché i suoi disturbi fanno sospettare la malattia: pur senza poter azzardare valutazioni precise mancando le necessarie informazioni, in tal caso una stima della probabilità che abbia la malattia più prossima al 79 che al 7% non pare affatto irragionevole. Persino al di là delle intenzioni dell'autore si conferma l'importanza e l'utilità della sua messa in guardia contro le insidie insite nelle procedure mentali troppo abituali: in quel caso il ricorso alla formula di Bayes, cui per motivi professionali egli è particolarmente affezionato. E qualcosa di simile si può dire anche per la mentalità tipicamente scientifica che lo porta a identificare la "razionalità" con l'obbedienza a una logica rigorosamente binaria.
A tale logica il nostro pensiero e le nostre azioni si attengono solo approssimativamente, ma non è sempre detto che quando non vi si conformano completamente si debbano considerare necessariamente errati. Così, nell'esempio di pagina 59, l'asserzione "si salvano certamente 200 vite umane", nella logica del nostro linguaggio non esclude che se ne possa salvare anche qualcuna in più; non è irragionevole per noi considerarla non del tutto equivalente, come vorrebbe la logica dell'autore, all'affermazione che gli altri "moriranno certamente".
Sempre secondo la sua logica nell'esempio di pagina 93 si dovrebbe preferire un'assicurazione che protegga un giorno sì e uno no a una che garantisca una copertura completa, attenendosi a un criterio di pura convenienza economica; ma, agendo coerentemente secondo tale logica, si dovrebbe rinunziare a ogni forma assicurativa, anche contro gli infortuni, le malattie, gli incendi e così via, perché prevedendo pur sempre almeno un margine di guadagno per l'assicuratore, il suo ben difficilmente potrebbe mai essere un "prezzo razionalmente equo".
In quella logica rigorosa, ma astratta, di fatto non c'è posto per l'individuo e i suoi problemi psicologici; le sue scelte univoche non possono trovare un riscontro altrettanto netto nelle nostre scelte. Così, di fronte ad alternative sostanzialmente equivalenti, a far propendere le nostre decisioni in un senso o in un altro intervengono certamente fattori soggettivi più o meno giustificabili. Numerosi esempi del libro evidenziano la sistematicità delle preferenze usualmente manifestate in simili situazioni, ma quei dati, certamente interessanti per la conoscenza di quei risvolti della nostra psicologia e per le loro possibili applicazioni pratiche, proprio per il carattere equivalente delle scelte male si prestano a un giudizio di razionalità.
Del resto, nelle pagine conclusive l'autore ammette che quello della razionalità è un problema tutt'altro che concluso: è... forse siamo alle soglie di un'ulteriore crisi anche delle teorie normative della razionalità ideale. Un argomento per un libro futuro.

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Massimo Piattelli Palmarini

1942, Roma

Massimo Piattelli Palmarini (Roma, 1942), è professore di Scienza cognitiva alla University of Arizona. È stato fondatore del dipartimento di Scienze cognitive dell’Istituto San Raffaele di Milano e docente alla École des Hautes Études in Sciences Sociales di Parigi. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, è anche divulgatore e saggista: La voglia di studiare (1991), Scienza come cultura (1999), L’illusione di sapere (1993), Ritrattino di Kant a uso di mio figlio (1994), L’arte di persuadere (1995), I linguaggi della mente (2003), e Chi crediamo di essere (2011) tutte edite da Mondadori. Per Feltrinelli ha curato la raccolta Livelli di realtà (1987) e ha pubblicato Gli errori di Darwin (con Jerry Fodor; 2012).

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