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Innanzi tutto un'informazione sull'editore. QuiEdit è una casa editrice veronese che finora si è dedicata per lo più all'editoria universitaria, muovendosi soprattutto in ambito locale. Il libro di Peter Burke rappresenta la prima uscita di una nuova collana "storie/culture", diretta da Adelisa Malena, Alessandro Arcangeli e Federico Barbierato, che intende rivolgersi a un pubblico più ampio con progetti di maggiore richiamo. Lo confermano i nomi degli autori che sono annunciati: Grafton, Farge, Thompson, Mantecon Movellan, Cavaillé, Castillo Gomez, Fraenkel, e tra gli italiani Gianna Pomata e Claudia Evangelisti, editor nota nel mondo universitario. Vi saranno a breve altre collane di narrativa e saggistica che si affiancheranno a "storie/culture", condividendone le ambizioni.
Insomma, è il caso di dire se sono rose fioriranno, e la prima rosa ha sicuramente un richiamo consono alla collana. Peter Burke è uno storico della cultura talmente noto al pubblico italiano per i suoi tanti studi sul Rinascimento, sulle pratiche culturali, sulla storiografia dell'età moderna, che non è il caso di dilungarsi a presentarlo. Il libro, nato dalla rielaborazione e dall'accrescimento del testo di una conferenza tenuta a Berlino nel 1999, di fatto annuncia un ambito di riflessione che è imposto dalle domande del presente. Come e cosa si può comunicare fra gli storici in un mondo che vive l'aporia dell'essere al contempo globalizzato e frammentato, che cerca una base linguistica comune su cui avvicinare problemi, sensibilità, metodi di ricerca, ma non dimentica la tradizione da cui proviene, fondata per lo più su un'identità nazionale. Sono questioni allo stato nascente che non possono essere risolte con un'indistinta storia universale costruita sulla lingua franca e sulle dimensioni mondiali dei temi. La deontologia basata sul metodo, sul rispetto dei testi e delle fonti, sulle domande e sui problemi che assumono una dimensione praticabile in termini di ricerca, ossia che stanno in un ambito circoscritto, affrontabile con profondità di indagine, indubbiamente portano ragioni che soffrono nel condividere le dimensioni comparative e sintetiche della storia globale. Restano questioni comunque di rilevante interesse.
Di tali aspetti il libro di Burke tratta con una spiccata attenzione soprattutto alle questioni linguistiche, vale a dire alle ibridazioni concettuali che si producono passando da un contesto all'altro della storia scritta. Un ibridismo che può semplificare, snaturare, impoverire, dare esiti superficiali, ma che comunque rappresenta una frontiera inevitabile della discussione. L'autore, più che le risposte possibili viste dalla prospettiva della storia, preferisce offrire una rassegna dei tanti incroci con l'antropologia, la letteratura, la sociologia, la politologia, muovendosi tra riflessione storiografica e necessità del presente, in modo tale da raccogliere un ricco repertorio di domande e di riferimenti teorici. Un buon esempio di come sia possibile misurarsi con i grandi problemi imposti dai cambiamenti del nostro tempo senza rinchiudersi nella dimensione specialistica del mestiere e offrendo un'analitica mappa bibliografica e concettuale.
Dino Carpanetto
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