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Indice
Nel maggio del 2011, Joseph E. Stiglitz scrisse per “Vanity Fair” un breve articolo destinato a un grande successo. Quell’articolo si intitolava Of the 1 Percent, by the 1 Percent, for the 1 Percent e raccontava di come la società americana si fosse polarizzata tra l’1 per cento di molto ricchi e il restante 99 per cento. Della crescita economica degli anni precedenti aveva beneficiato quasi soltanto quell’1 per cento, con dirompenti conseguenze sociali e politiche. Ispirandosi a queste tesi il movimento Occupy Wall Street trovò il proprio slogan: “noi siamo il 99 per cento”.
A quell’articolo divulgativo ne seguirono molti altri e ora più di cinquanta di essi sono raccolti in questo libro, il cui titolo rappresenta l’idea che Stiglitz ha di quello che è accaduto negli Stati Uniti nel corso degli ultimi decenni. Negli articoli ricorrono le tesi che, con maggior rigore e articolazione, il premio Nobel per l’economia ha sviluppato in altri lavori più scientifici e anche nel libro Il prezzo della disuguaglianza (Einaudi, 2013). Queste tesi sono ormai, in larga parte, note e occupano un posto di rilievo, anche se spesso condiviso con altri, nell’ormai ricco panorama degli studi sulla disuguaglianza economica. Si tratta di tesi fortemente critiche nei confronti delle analisi e delle interpretazioni dominanti della disuguaglianza e quasi tutte sono molto convincenti. (…)
Il libro è focalizzato sulla realtà americana – sebbene un’intera parte sia dedicata ad altri paesi – e si occupa principalmente di disuguaglianza nei redditi, anche se sono frequenti i riferimenti alla disuguaglianza nella ricchezza e articoli specifici riguardano la disuguaglianza in altre sfere essenziali del benessere e dei diritti sociali: la salute, l’istruzione e la giustizia. (…) In generale, la disuguaglianza comprime la domanda di consumo e ciò, in assenza di compensazione da parte della domanda di investimenti, riduce le possibilità di espansione dell’attività economica. (…) Ma la disuguaglianza economica ha un’altra importante conseguenza, che Stiglitz considera inevitabile e della quale si mostra molto preoccupato: si tratta del suo impatto sul processo politico. La disuguaglianza economica si trasformerebbe, infatti, in disuguaglianza politica e le due disuguaglianze si alimenterebbero in un circolo vizioso. Stiglitz parla esplicitamente di “politiche economiche congegnate dall’1 per cento per l’1 per cento” e uno degli esempi che propone, forse imbarazzante anche per lui, è quello dell’amministrazione Clinton catturata dal business.
(…) La conclusione allora sembra essere obbligata. La rottura del circolo vizioso dipende, più probabilmente, dalla capacità dei processi democratici di portare nelle stanze del potere politico chi è in grado di non alimentare quel circuito. E non solo di portarcelo, ma anche di preservarlo dalle molte lusinghe del potere economico, una volta in quelle stanze. Non proprio uno scherzetto, si potrebbe dire.
Recensione di Maurizio Franzini
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