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Il ritratto di un «maschio bianco» meno convenzionale di quanto ci si aspetti, uno strano giallo da risolvere, una dichiarazione d'amore per New York, un'attualissima riflessione sull'importanza della progettazione democratica delle città: Il grande errore ha una ricchezza e un'ambizione che confermano il talento del suo autore, elogiato unanimemente dalla critica su entrambe le sponde dell'Atlantico.
«Il grande errore è uno splendido romanzo sull’America tra otto e novecento (con un intermezzo sulle piantagioni di zucchero a Trinidad) scritto da un inglese del Surrey che vive a New York e lavora nell’editoria» - Mariarosa Mancuso, Robinson
«È come se Lee avesse distillato più di un secolo di letteratura americana in un solo libro. Un libro dall'intelligenza e dallo stile straordinari, il cui protagonista resterà a lungo nella mente dei lettori» – The Guardian
E se fossero proprio la solitudine e le paure più intime e paralizzanti a spingerci invece a guardare fuori di noi, ogni tanto, e magari ad agire per un bene più grande e comune?
Venerdì 13 novembre 1903, davanti a un palazzo di Park Avenue, un uomo in bombetta spara a un vecchio signore che sta rientrando in casa, uccidendolo sul colpo. La vittima è Andrew Haswell Green, l'urbanista che nella seconda metà dell'Ottocento ha cambiato il volto di New York, creando preziosi spazi pubblici come il polmone verde di Central Park, il Metropolitan Museum e il Museo di Storia Naturale, la grande biblioteca pubblica, lo Zoo del Bronx. Nelle pagine di questo elegante e avvincente romanzo storico, Jonathan Lee ne tratteggia la figura di uomo austero e idealista, tenace e riservato, costretto a vivere in maniera clandestina la propria omosessualità, profondamente solo; e ripercorre lo strano caso del suo assassinio, che vide coinvolta una delle prime milionarie nere della città.
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