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Anno edizione: 2008
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Giuseppe Pitrè, famoso folclorista italiano del secolo scorso, attento e solerte raccoglitore di usi e costumi italiani e particolarmente siciliani, riferisce in un breve intervento sull'Archivio per lo Studio delle Tradizioni Popolari (rivista trimestrale da lui fondata e diretta da S.Salomone Magino, 1880-1909) una curiosa notazione riferentesi alla presenza degli Zingari in Sicilia. (Giuseppe Pitrè, "Gli Zingari in Sicilia", in Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, Vol.1, Palermo, pp.292-294, 1882). Si tratta in sostanza di un appunto che si condensa tutto in due paginette dedicate ad alcune considerazioni, in cui-tra le altre cose- si fa riferimento ad un modo particolare di dire proprio siciliano, che merita d'essere esaminato. Dopo aver esposto, in modo abbastanza generico in verità, sulla presenza degli Zingari in Sicilia ed aver constatato che ormai da tempo questi sono scomparsi dalla Regione, afferma comunque che il ricordo del loro stazionamento in quella terra è ancora molto vivo nella tradizione, negli usi e soprattutto nel dialetto palermitano. L'Autore rileva come lo stesso nome di "Zingaro" sia passato nell'idioma popolare per denominare il fabbro-ferraio (tipica occupazione zingara) e come dello stanziamento di questa gente siano rimaste tracce nella toponomastica palermitana. Giuseppe Pitrè sottolinea altresì che nel dialetto siciliano (ma sicuramente non solo in esso) il termine "Zingaro" viene solitamente attribuito a chi va continuamente girovagando e in particolare a chi, nel suo errere per il mondo, abbia anche la capacità di saper predire il futuro. Fin qui il Pitrè non dice niente di strano o per lo meno di nuovo rispetto al livello delle nostre conoscenze sull'argomento, ma subito dopo testimonia un dato assai curioso che non può passare inosservato. Dice infatti testualmente: "Di chi abbia attitudine ad antivedere una cosa, a indovinar la ventura, usa dirsi che manciau mmerda di zingaru"(cioè ha mangiato merda di Zingaro)
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