L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
L’intreccio di passioni e virtù è la chiave di lettura di questa brillante ricostruzione del pensiero politico muratoriano, nel quale la società e il buon governo sono pensati come la risultante di un progetto di giustizia e pubblica felicità. Nel difficile passaggio dall’antico regime alla modernità, un’alternativa allo stato Leviatano di Hobbes e al modello incentrato sul gioco degli egoismi individuali.
scheda di Moro, C. L'Indice del 2000, n. 01
Con Muratori "siamo ad un passo da una visione laica della politica": l'explicit che Continisio appone al suo documentato lavoro sulla filosofia politica muratoriana suggerisce il vero motivo della scarsità, e riluttanza, di studi su un argomento da sempre abbuiato dal giganteggiare dell'altro Muratori, vocato alla sodezza dell'erudizione profana e sdegnoso delle "inutili seccaggini" dei metafisici disputanti. Misurare quel passo che lo separa da una modernità pur presentita e ragionata, può far concludere, con Franco Venturi, per la sola avvisaglia illuministica, e quindi per l'acerbità del suo pensiero, o all'opposto far intravedere il nuovo proprio nella flessione a cui sottopose la secolare tradizione dell'aristotelismo politico e dello stoicismo cristiano. Lo fece da filosofo cattolicissimo e aporetico, a "debole tensione teorico-speculativa", come numerosi savants dei tempi suoi, che si destreggiavano tra i concetti con pansofica negligenza. E lo fece soprattutto da filosofo pratico, pensoso, lungo una riflessione durata oltre trent'anni, delle virtù che regolano la convivenza ordinata. Una questione antica quanto l'"etnico" (ossia pagano) Aristotele, e ridiscussa da ultimo dai trattatisti della ratio status, ma indecidibile senza prestare ascolto ai moralisti moderni, "che maggiormente hanno sminuzzato gli andamenti, gli appetiti e le passioni" (Della pubblica felicità, 1749), investigando i "segreti mantici" dell'umano agire per apprendere ad asservirli, mentre gli stoici si erano snervati ad abrogarli, a "rompere il corpo a propri voleri" (La filosofia morale esposta e proposta ai giovani, 1735). Nella campitura etico-politica dell'amor di sé, mantice dei mantici, è dunque il secolo dei Lumi che si affaccia, e impone insieme di ridefinire la gerarchia delle virtù, pagane, cardinali e teologali: l'uomo, divenuto sociabile, ha perduto con la naturale socievolezza di marca aristotelica anche la facoltà di esercitare politicamente la prudenza, sovrana virtù del comando ormai confinata nel dominio "monastico" della moralità privata; alla realizzazione del bene pubblico presiede adesso la giustizia, tornata in onore dopo i fasti medievali e l'eclisse di antico regime. Il governo virtuoso delle passioni finisce in effetti per relegare l'oggetto del trattato Della Carità Cristiana in quanto essa è amore del prossimo (1723) in una perfezione teologale ottativa, anche se non priva di effettività civile, e di accorciare il passo verso la laicità.
Claudia Moro
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore