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scheda di Bongiovanni, B., L'Indice 1993, n. 5
La rivoluzione francese può ben essere individuata come un campo di battaglia dove si scontrano la norma e la decisione. Nell'arco di tempo privilegiato da questo studio, gli anni che vanno dall'ottantanove all' anno VIII, si trovano, com'è noto, almeno quattro costituzioni: quella del 3 settembre 1791, monarchica e a suffragio ristretto, quella del 24 giugno 1793 (o dell'anno I), repubblicana e a suffragio universale, quella del 5 fruttidoro 1795 (o dell'anno III), termidoriana e a suffragio nuovamente ristretto, quella del 22 frimaio 1799 (o dell'anno VIII), protobonapartistica e a suffragio plebiscitario e verticistico-piramidale. I rivoluzionari, in effetti, in tutte le fasi del processo furono preda di un ben comprensibile 'horror vacui'. La politica e la pratica governativa inventavano infatti instancabilmente il nuovo: le costituzioni, allora, forti del quadro generale impostato dalla "dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino", affannosamente braccavano la storia che giocava continuamente d'anticipo sulla marmorea solennità della legge. Una rivoluzione, come già sospettavano Barnave Constant e Mme de Staël e come benissimo comprese Tocqueville (teorico, non meno di Marx, della "rivoluzione permanente"), si sa quando comincia e non si sa quando finisce. Che dovesse finire lo auspicavano un po' tutti e le quattro costituzioni (cui si devono aggiungere la proposta girondina e i moltissimi altri abbozzi) sono lì a testimoniare il diffuso desiderio di quietare il movimento nella norma. L'invenzione del nuovo riprenderà però subito lena. Sino a che Sieyès, il "genio delle costituzioni", consegn• la repubblica al futuro imperatore.
Fu fermata a questo punto la rivoluzione? Marx e Tocqueville, nella discordia concordi, risponderebbero di no.
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