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Gli interessi in comune - Vanni Santoni - copertina
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interessi in comune

Descrizione


Il racconto di un’intera generazione, quelli nati negli ’80, che si muoveva con passo sgangherato sul ciglio del nulla. Un libro cult su un gruppo di ragazzi che vivono in un triangolo di provincia toscana, un luogo asettico e privo di intrattenimenti, che provano di tutto pur di riempire il vuoto che sentono dentro.

Iacopo, il Mella, il Paride, il Dimpe, il Malpa, Sandrone. Nel ’95 hanno sedici anni. Interessi in comune? Uno, senz’altro: il consumo regolare, diligente, quasi scientifico, di tutte le sostanze. Si guardano giusto dalla morte. E così eccoli, in un triangolo di provincia toscana che si allarga talvolta ad abbracciare l’Europa, eccoli riempire le notti, dormire i giorni, convergere comunque e sempre attorno a un bar. Sono un gruppo. E nel gruppo non ci stanno dentro le ragazze, le ambizioni, il lavoro, lo studio, la famiglia. Che pure ci sono (ragazze, ambizioni, lavoro, studio, famiglia), perché intanto la vita, come si dice, continua. Come del resto ci sono il Valdarno degli outlet e degli agriturismi, e l’aria intollerabile di un benessere odioso, forse effimero. Nessuno si prende sul serio – e infatti si ride, di sé e degli altri, con beffarda comicità –, ma nessuno più di loro sa che ogni impresa in cui si cimentano (spesso leggendaria, tragicomica sempre) è un vero blues. Vorrebbero tutti scappare, ma tutti (o quasi) continuano a tornare. Vanni Santoni segue i suoi eroi nichilisti lungo dieci anni di una infinita adolescenza, fitta di episodi esilaranti e magiche apparizioni di comprimari memorabili. Torna in libreria un romanzo di culto, che negli anni di indisponibilità è stato al centro di numerose – e a volte clamorose – vicende, dalle raccolte di firme dei lettori per chiederne la ristampa alle versioni fotocopiate che circolavano in scuole e università, dai furti del volume nelle biblioteche pubbliche alla produzione di veri e propri samizdat.
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Dettagli

2019
3 ottobre 2019
300 p., Brossura
9788858136270

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Sarita
Recensioni: 4/5
praticamente un classico, ma questa edizione...

quanti ne ho regalati! ora però la versione Feltrinelli è introvabile e questa edizione Laterza ha degli errori di stampa non presenti nell'originale

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Fedemone
Recensioni: 4/5
Una generazione perduta

Vi siete mai trovati sobri in una festa dove tutti erano ubriachi? Avete dunque provato la sottile invidia e il grossolano disgusto per coloro che si divertono e si abbruttiscono. Se andate ad un rave, la sensazione è simile, 100 volte tanto, verso chi "cala le paste". Questo libro è così, un capitolo dedicato ad una sostanza diversa per ragazzi prima e uomini assolutamente vuoti se non per le sostanze che assumono. Una generazione perduta non per via degli orari della WWI ma per i piaceri troppo grandi rispetto vite (?) troppo piccole in provincie altrettanto minuscole di mentalità. Quasi noioso nel baccanale continuo, ma nella sua totalità rivela molto della piattezza, dei sogni squallidi, della vita negli anni '90 e cosa significhi davvero l'esperienza delle droghe (non La Droga, ma le droghe, tutte diverse e complesse) e dell'abuso, in una sorta de Il Tropico del Cancro in versione moderna .

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Lory Tassi
Recensioni: 5/5

Gradito ritorno di un classico della narrativa "giovane" contemporanea

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Voce della critica

Riapprodato in libreria dopo una decina d’anni d’assenza, Gli interessi in comune (Edizioni Laterza) è un romanzo corale che svela i retroscena simbolici legati all’uso trasgressivo delle sostanze stupefacenti; primo tra tutti: l’urgente bisogno di comunicare attraverso un linguaggio che possa definirsi comune, condiviso. Facendo un passo avanti, il romanzo mostra quanto la sperimentazione di droghe, sesso, alcol sia stato in realtà, per chi ha vissuto l’adolescenza negli anni novanta, un agente aggregante solo in apparenza, operando alla stregua di un’effimera chimera di cui, una volta dissoltosi il suo potere d’attrazione, non rimane che il nostalgico ricordo.
La storia comincia partendo dalla fine: siamo nel duemilasei, e Iacopo Gori sta aspettando che alcuni amici storici del Valdarno, fazzoletto di terra della provincia fiorentina, lo vengano a trovare per passare una serata insieme a Firenze, «città che non sa evitare di essere, a sua volta, provincia», dove adesso lui vive. Nell’attesa, il Gori ha scritto e affisso per le strade un inno a tutte le bellezze e le contraddizioni della sua generazione, una specie di anti-manifesto come simbolo di appartenenza a uno stile di vita in cui ancora crede parzialmente, come dimostra l’uso del tempo presente che, affiancato a un procedere anaforico, carica il testo di vigore:

Questo è per noi. Per noi che siamo un branco di conservatori. Che un paio di calze a righe o le scarpe da skate ci fanno anticonformisti o addirittura creativi. […] Per noi che cianciamo di sostanze con aria competente e poi mangiamo pasticche che lo sa Dio cosa c’è dentro, e per noi che ci facciamo una canna alle undici di mattina e buttiamo nel cesso la giornata. […] Per noi che se ha le canne è un ganzo se beve è un ganzo se ha le paste è un ganzo se ha la coca è un ganzo, ma se ha la roba, ah, be’, quello è un tossico. Per noi che pensiamo di poter fare gli artisti senza esserci mai fatti i viaggi, e per noi che siccome ci siamo fatti i viaggi c’illudiamo d’essere artisti.

Il Gori, aspettando l’arrivo del Dimpe e del Malpa, comincia a ricordare alcuni degli episodi più importanti della sua vita, sino a tornare al «primo strippo vero» nel novantacinque: la prima volta in cui ha provato gli acidi in occasione di un compleanno. Parte così il lungo flashback che occupa tutto lo svolgimento del romanzo, un romanzo a tappe: ventitré capitoli per altrettante esperienze di sostanze consumate in undici anni dal gruppo storico di Figline Valdarno – il Gori, il Mella, il Paride, il Dimpe, il Malpa e il Sasso – passando per funghetti, ketamina, eroina, noce moscata, MDMA, mescalina e così via: gli unici interessi che gli amici, incapaci di comunicare attraverso altro, hanno in comune.
La narrazione forza i meccanismi della forma romanzo rinvestendoli di nuovo significato: ogni capitolo è un micro-testo autosufficiente che potrebbe esser letto, in linea teorica, anche singolarmente; ma è solo nella più ampia cornice macro-testuale che gli episodi acquistano vero senso, poiché rappresentano, nel loro insieme, le fasi di nascita, maturità e morte di quella volontà di trasgressione tout-court che in un primo momento dà forza a tutto il gruppo, ma poi, finita l’euforia, ne sancisce lo sfibrarsi dei rapporti; in questo senso, un pensiero formulato dal Malpa durante un infruttuoso soggiorno a Amterdam con gli amici è particolarmente eloquente:

Il giorno dopo, trovandosi a fare colazione da solo, tra uno spino di manali e l’altro, nell’atmosfera rilassata di un coffee-shop poco frequentato, il Malpa si convince che lo scazzo derivi dalla sostanziale aridità di tutta la faccenda. S’è perso l’entusiasmo: le droghe, la sperimentazione, sono state il loro linguaggio comune, l’unico trait d’union d’un gruppo che altrimenti avrebbe fatto fatica a comunicare, e adesso hanno esaurito il loro effetto.

La ripubblicazione di questo romanzo, esordio di Vanni Santoni, permette – a chi come me non aveva ancora avuto modo di metterci le mani sopra – di guardare all’intera poetica dell’autore con sguardo più consapevole: non solo alcuni protagonisti degli Interessi in comune si ritrovano, già partendo da Personaggi precari (2007), in romanzi successivi quali Muro di casse (2015), La stanza profonda (2017) o L’impero del sogno (2017), ma è in questi stessi testi che vengono affrontate in maniera più approfondita alcune tematiche già presentate nel libro d’esordio, le stesse che, col tempo, sono andate poi a rinforzare la struttura portante di quel ‘grande universo Santoniano’ idealmente conclusosi con I fratelli Michelangelo (2019).
Un tema ricorsivo nei romanzi citati è lo stretto e difficile rapporto tra città e provincia, che delinea le esistenze di personaggi talmente sensibili nei confronti della pochezza del loro substrato culturale da essere indotti a cercare nuove forme di rivendicazione identitaria. Come la sperimentazione di sostanze, anche la subcultura – o controcultura – dei giochi di ruolo e dei teknoravers sono rappresentativi della costante volontà autoriale di ricerca, conquista e conseguente uso di linguaggi condivisi utili per garantirsi l’accesso a dei contatti umani puri e autentici; la preoccupazione fondamentale però non è insita nella ricerca, quanto più nella durevolezza di questi mezzi d’interazione, che col passare degli anni perdono mano a mano d’efficacia fino a esaurirsi completamente: «Quand’è che la letteratura ha smesso di essere un codice condiviso?», si chiede infatti un personaggio dei Fratelli Michelangelo.
In conclusione, negli Interessi in comune si racconta lo spaccato di una generazione attraverso un linguaggio diretto e aderente al parlato che riesce a scansare qualsiasi banale retorica; le invettive sono a tratti tragicomiche, così come tragicomici sono molti degli episodi narrati – il più bello: la scampagnata allucinogena a base di psilocibina, durante la quale il confine labile tra l’uso consapevole e l’abuso autodistruttivo viene ampiamente superato. Ma cos’è questo «uso non abuso» apparente, su cui il romanzo insiste in modo particolare, se non il tentativo mal incanalato di esorcizzare l’attanagliante paura del futuro indefinito, di quella pagina bianca ancora senza titolo? Un volta finito il viaggio, è da qui che, con coraggio, si deve ripartire.

di Angela Marino

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Conosci l'autore

Vanni Santoni

1978, Montevarchi

Dal 2004 porta avanti una intensa attività come scrittore e giornalista fino a che, nel 2006, vince il concorso "Scrittomisto" della editrice RGB ed esordisce con la prima versione del libro Personaggi precari.Nel 2007 fonda il progetto SIC, Scrittura Industriale Collettiva che lo porterà a pubblicare, nel 2013, il romanzo storico In territorio nemico (Minimum Fax). Nel 2008 pubblica Gli interessi in comune (Feltrinelli) e nel 2011 Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza). Sempre nel 2011 esce L'ascensione di Roberto Baggio (Mattioli 1885), scritto a quattro mani col drammaturgo Matteo Salimbeni e nel 2012 pubblica il romanzo breve Tutti i ragni (:duepunti).Nel 2013, dopo aver pubblicato la versione definitiva di Personaggi precari (Voland), si cimenta nella scrittura di Terra...

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