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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2005
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Una discreta lettura, che aggiunge ancora qualche spiraglio di curiosità ad un medioevo ormai setacciato in lungo e in largo. Apprezzabile la scrittura.tra immaginazione e possibile o poco probabile realtà...figure femminili e classi subalterne antesignane di un riscatto sociale che solo nell'immaginario diventa credibile quanto desiderato. Il riscatto della aristofanica risata
Non so se gli autori volessero scrivere un romanzo storico a tutti gli effetti, se cosi fosse il risultato sarebbe un po' atipico per alcuni aspetti già evidenziati nei commenti precedenti, o semplicemente volessero narrare una storia ambientata nel medioevo senza troppi vincoli di contestualizzazione storica. Resta il fatto che il racconto dopo una parte iniziale forse un po' lenta, si legge comunque volentieri diventando man mano coinvolgente, pur con qualche incongruenza e ripetitività (il voto dato testimonia il fatto che ho considerato veniali questi "peccati"). In particolare il libro ha secondo me il merito di mettere in evidenza una figura caratteristica e solitamente poco rappresentata e approfondita nei libri ambientati nel periodo medievale, quella appunto del giullare, che in questo caso viene raffigurato in modo diverso dal modello stereotipato di personaggio verosimilmente dalle capacità mentali limitate e in grado di esprimersi solo in modo goliardico. In effetti, rifacendoci a quanto evidenziato nel racconto, non è così improbabile ritenere che il giullare, data la sua possibilità di avere accesso ad importanti informazioni relative al suo signore, essendone probabilmente il confidente o anche semplicemente essendo presente, per le sue mansioni, agli incontri da lui avuti, potesse influenzarne in modo significativo le sorti e risultare quindi più determinante di altri personaggi più altolocati rispetto a lui nella scala gerarchica dell'epoca.
Non è un brutto romanzo, solo che si distacca parecchio da quello che si intende solitamente per romanzo storico. C'è l'accenno alla crociata, liquidata in trenta paginette, la solita lotta poveri, genuini e oppressi versus ricchi, brutti e cattivi. Leggermente assurda poi quasi tutta la vicenda, dove i classici elementi pro o contro l'eroe capitano sempre e perfettamente a fagiolo, come in ogni favola che si rispetti. E infatti mi sento proprio di definirla così, un'enorme favola per adulti, col medioevo che fa da scenografia dipinta, tutto stereotipato, abbellito, imbruttito a forza. E inoltre scusate un attimo, ma il re di Francia che permette a sua figlia di sposare un popolano? E che le lascia condurre una vita come locandiera?! Mmmmh... Seconda cosa: come ha già detto qualcuno ha il grande difetto di ritornare sempre sulle stesse parole: non c'è la minima varietà di vocabolario, i paragoni sono sempre gli stessi, le metafore, gli esempi, i modi di dire. Però non lo deriderei. Ho letto di peggio, davvero, questa se non altro è una bella storia, scorrevole, avvincente e persino divertente se la si prende per quello che è, vale a dire il frutto della fantasia di uno - anzi, di due scrittori che ci hanno aiutato a rompere la monotonia di qualche giornata sotto l'ombrellone. E, ancora un piccolo appunto, magari mi sono persa qualcosa? Sul retro di copertina si legge (cito): "è la storia di un eroe che è un po' Braveheart e un po' Sherlock Holmes". Essendo entrambi personaggi ai primi posti del mio olimpo personale, posso dire che Braveheart, un po' tirato e mooolto semplificato, ci sta. Ma Sherlock Holmes??
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