Probabilmente sarà ancora per molto tempo assai difficile avere una ricostruzione storiografica completa, equanime ed esauriente di Andreotti. Questo volume in qualche misura lo conferma, anche se dopo le pagine iniziali rivela un discreto numero di contributi capaci di andare oltre l'aneddotico, il giornalistico o il quasi apologetico. Dai saggi di Marco Follini, Emanuele Macaluso, Ennio Di Nolfo e Andrea Riccardi, soprattutto, si possono ricavare non pochi elementi utili alla comprensione di uno stile e di un'epoca in cui il legame tra stato e chiesa è stato particolarmente forte, anche là dove non poche delle scelte politiche ed economiche della Dc si sono mosse lungo una direttrice laica. Per certi aspetti quel legame pare spiegare più la persistenza di Andreotti al potere, e il suo non logoramento, che non le vicende che hanno accompagnato l'evoluzione e la trasformazione della società italiana, in termini economici e di costume. Si ha l'impressione che lo studio e lo scavo archivistico di personaggi come Fanfani o Moro possa dire di più sotto questo profilo, mentre Andreotti resta senz'altro l'oggetto di analisi privilegiato per chiunque voglia indagare il funzionamento delle strutture statuali sotto la sedicente "Prima Repubblica". Le carte dell'archivio Andreotti, di cui alcuni saggi di questo libro si avvalgono pubblicamente per la prima volta, potranno dire molto agli storici su tante scelte di politica estera dei governi italiani dagli anni cinquanta ai primi anni novanta, e forse faranno capire vizi e virtù della burocrazia ministeriale romana e nazionale. Si potranno anche comprendere un po' di più il ruolo e le posizioni di volta in volta assunte dal Vaticano nei quarant'anni successivi al crollo del fascismo, data la relazione speciale tra Andreotti e i vertici della Santa Sede.
Danilo Breschi
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