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Un ottimo libri. Scritto bene. Una trama avvincente. Personaggi ben studiati. Un buon ritmo. Assolutamente consigliabile.
Gangemi è calabrese, nato e cresciuto nel cuore del territorio che alla malavita della Calabria ha dato vita, sviluppo e notorietà, ma ci parla di ben altre nefandezze, ben altre meschinità. Il protagonista del romanzo Alberto Lenzi, magistrato in servizio presso una procura calabrese, è un indigeno, un nativo dei luoghi dove esercita la sua professione, è detto il giudice meschino intendendo con ciò non tanto che è un povero di spirito, tutt'altro, è un uomo intelligente, capace, un uomo retto e con saldi principi morali. Meschino sta qui a significare un uomo dalla moralità elastica, un uomo che la ridisegna a un profilo più basso perché sa che ad essere meschino non è tanto il piccolo calabrese coinvolto in piccoli traffici poco puliti, esiste ben altra meschinità, esiste ben altra infamità Esiste una malavita organizzata assai più immorale di quella endemica a San Luca, a Piatì, nella piana di Gioia Tauro o al Santuario di Polsi, è una malavita immonda, lercia, insana, composta da politici, da persone fuori dalla Calabria, dei quartieri alti delle capitali, insospettabili, persone perbene eppure pesantemente intrise di malvagità ed infamia, che non esitano a fare della Calabria, una regione che potrebbe essere un paradiso incontaminato, una discarica per gli interessi MESCHINI, queste sì, veramente meschini, di società di autentico malaffare. Se la ndrangheta calabrese è una società meschina, chi avvelena deliberatamente un'intera regione con rifiuti tossici, facendone una pericolosa, immensa discarica abusiva e assassinandone gli abitanti, soprattutto i bambini e i più deboli con le conseguenti radiazioni, è un infame, un immenso infame, disprezzato finanche dai capi onorati dell'antica ndrangheta. Questo Alberto Lenzi lo sa, perciò preferisce schierarsi ed essere, semplicemente, il giudice meschino.
molto bello meglio di montalbano finalmente un giallo su una bella terra la calabria .
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