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Lontano dall'essere un trattato storico, il libro è un'interpretazione, estremamente forzata, della figura di Giovanna d'Arco. L'autrice utilizza quasi sempre fonti secondarie (tranne il Processo in Nullità), omettendo spesso quelle primarie (ossia quelle più vicine, per epoca e luogo, ai fatti narrati), offrendo peraltro un esempio esauriente di come scegliere le fonti in funzione della teoria che si vuole dimostrare. Apprendiamo quindi che Giovanna fuggì da casa perché insofferente dell'autorità paterna, che si inventò le Voci celesti durante il processo, che subì un "corso intensivo di educazione militare" (in qualche mese) prima di recarsi a Orléans - e via dicendo. Viene da chiedersi, ad esempio, perché mai tale formidabile addestramento non sia stato offerto al Duca d'Alençon, o agli altri capitani francesi, pesantemente sconfitti, o al Dunois stesso... Il meglio di sé però l'autrice lo offre quando tenta di dimostrare che Giovanna non fu ferita, se non di striscio, durante l'assalto alle Tourelles, traducendo «frappée d'un traict» con «colpita di striscio». Ora, nel francese del Quattrocento, "traict" significa "freccia" o "verrettone di balestra", e le «gens de traict» sono arcieri o balestrieri (così nella "Chronique de la Pucelle", chap. 40, ed ancora, chap. 48: «ceux d'Orléans jectèrent à merveilles contre Anglois de canons, de coulevrines, de grosses arbalestes et d'autre traict» - ossia colpirono gli Inglesi con cannoni, colubrine, balestre ed altri dardi) e la traduzione corretta è quindi «colpita da una freccia» (e profondamente - come riportano i testimoni). Del resto, quando l'autrice non riesce a trovare fonti che suffraghino le sue teorie, non esita a sostenere che quelle disponibili siano false. Mentono quindi Giovanna, Dunois, l'autore della "Chronique" e tutti i contemporanei che smentiscono l'idea di una Giovanna "costruita" dalla corte per una messinscena. Quasi ridicolo. Meglio rivolgersi a storici veri, come Franco Cardini o Régine Pernoud.
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