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Il primo approccio con Elena Ferrante, con una sua opera minore, si è rivelato piuttosto positivo, facendo venir meno pregiudizi negativi. I giorni dell'abbandono è narrato con un linguaggio profondamente poetico, vi sono espressioni che catturano, quasi lasciano senza fiato per l'intensità. L'autrice riesce a creare immagini forti per trasmettere il dolore della protagonista, tuttavia diventa col passare delle pagine una forma espressiva quasi esagerata, si lascia andare troppo, fino a diventare innaturale: la gente non pensa in modo così poetico, soprattutto quando è triste. Sotto vari punti di vista è un libro che apre a molte riflessioni e che darebbe il diritto alla Ferrante di affermare al sua fama anche grazie a queste opere meno conosciute.
Non mi ha molto convinta. Probabilmente la storia mi è talmente lontana da non potermi immedesimare bene nella protagonista e non capire il suo dolore, il suo stress e i suoi problemi. Ho trovato molto irritanti i personaggi, non ho provato simpatia per nessuno di questi e la storia mi è sembrata esageratamente gonfiata sul drammatico. La scrittura l'ho trovata a tratti troppo pesante ma sicuramente la tematica ha avuto un enorme ascendente su questo mio parere. Si tratta del primo romanzo della Ferrante che leggo (scelta sbagliata, probabilmente) e credo quindi di non poter dare un giudizio generale sull'autrice perciò, visto le valanghe di complimenti che riceve quotidianamente, credo che le darò un'altra possibilità.
Per me un buon libro è quello che ti cattura all'interno di esso, è quello che ti fa vivere sulla pelle le emozioni narrate, è quello che non ti annoia mai e che ti porta a leggere con avidità sino alla fine delle sue pagine..per me un buon libro è: I giorni dell'abbandono.
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