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Il libro è illeggibile. I temi: vari, generici, banali, non si capisce dove vuole andare a parare. Giochi sado-maso, relazioni familiari, infanzia ferita, lutti precoci....un grande minestrone di argomenti che si aggrovigliano senza senso, saltando di palo in frasca senza nessun nesso, annoiando il lettore senza creare il benché minimo pathos. Lo stile narrativo: scontato, accademico, da scuola di scrittura creativa (ma a livello elementare, da principiante della prima ora). Raramente lascio un libro senza finirlo. Qui il mio unico rimpianto è essere arrivata a metà: dovevo mollarlo prima.
Il libro tocca temi differenti ma a volte in modo non approfondito. Non mi è piaciuto che associ pesantemente la dominazione/sottomissione al bisogno di espiare colpe nè che all'opposto in altri momenti ne parli come un catalizzatore di negatività. alla fine la protagonista comprende che "il gioco" non c'entra nulla con la sua colpa, che può essere vissuto con lucidità e - perchè no - con amore.
L'opera prima (Einaudi, 2008) di Melanie Abrams (tra l'altro, moglie dello scrittore indiano Vikram Chandra), pur presentata in modo accattivante, lascia un po' delusi, alla fine. La narrazione, infatti, rimane come sospesa e si disperde in differenti filoni, nessuno dei quali viene esplorato sino in fondo. La sottomissione sessuale di Josie, la giovane studentessa di antropologia, protagonista della vicenda, verso il suo amante Devesh non è raccontata nei dettagli e con cattiveria, come ci si aspetterebbe in un romanzo erotico di buon livello. E' maggiore lo spessore dell'implicito, di quanto non sia la parte esplicitata., come se da parte della scrittrice ci fosse il bisogno di mantenersi su di un livello espressivo "politicamente corretto" e su di un piano di psicologismo "patogenetico" (in base all'assioa che i comportamenti del presente si piegano a partire dai traumi subiti - o, genericamente, patiti - nell'infanzia. Il tentativo di dare spessore psicologico al "fascino discreto" della sottomissione masochistica e del desiderio di essere punita vibrante in Josie, la giovane studentessa in antropologia protagonista della storia, unitamente all'intenso piacere che ciò le provoca, sembrerebbe essere piuttosto una diversione rispetto al tema principale e un tentativo di "edulcorare" gli aspetti erotici polimorfo-perversi rappresentati, rendendoli più accetabili. Insomma un libro scritto bene, ma senza troppo smalto: di storie con epicrisi finale e relativo tentativo di trovare il "trauma" originario, magari con la facilitazione catalizzatrice di un trauma recente, ne possiamo leggere sin troppe. Credo che la stessa storia sarebbe stata raccontata molto meglio in fumetto da Milo Manara, con quelle elaborazioni grafiche che tanto piacevano a Fellini.
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