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2000
1 gennaio 2000
120 p., ill.
9788882311018

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Massimo Sannelli
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Il testo oscilla tra due poli: il lavoro come produzione di opere (*ars*) e il lavoro come operazione sopra l’uomo (*ars regia*). Per Zallio è anche l’occasione di rivelare a se stessa la lingua “mossa da passione” e mobile come l’acqua. Ma l’acqua deve prendere la forma di un involucro, con il risultato che la storia del “pittore Grimaldi Gino” rischia di apparire – e forse è – un pretesto per dire altro: la lingua scoperta, poi schiacciata e ritrovata, l’infanzia come gloria della diversità, la parola come suono (“Il ritmo contiene il nome”). Come tutto ciò che è al limite del ‘religioso’, la materia del libro può essere letta in un senso povero o in un senso altissimo: la presenza di Eros, come grandissima sensualità e grandissima assenza del corpo, fino al *vuoto* e al *nirvana*; la solitudine del Leone-pittore, che è in realtà un paziente isolato e sempre in realtà un artista “tutto suo”. Il lettore è libero di privilegiare il senso povero (sesso che manca, oscenità gratuita delle figure di Cogoleto, isolamento dello psicotico), sapendo di non sbagliare del tutto: ma per la *forma mentis* di Paola Zallio non esiste assenza che non sia anche presenza (“io non manco mai”), né malattia mentale che non si ribalti in una superiorità della percezione (estetica: arte del sentire). La sua idea di femminilità – più metafisica che realmente incarnata in un sesso visibile e sociale – è destinata alla diversità della lingua-acqua: infatti “femmina” contiene molte “anime” e “mani”. Così il suono contiene la storia, la organizza e la precede.

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