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Un nuovo esempio di giallo toscano, in cui ogni autore lascia l’impronta distintiva della sua penna. Ne “Il caso dell’Aloe” l’autrice ha una svolta di stile, passando al “giallo classico” dopo i suoi tipici racconti noir: i personaggi sono ben descritti e la storia è interessante. C’è però da notare che, in un passaggio sarebbe stato necessario spiegare qualcosa in più per capire meglio lo sviluppo della risoluzione del caso, un altro richiedeva, forse, una maggiore accuratezza linguistica. Infine, la sola citazione del nome della pianta velenosa “incriminata”, senza dare delucidazioni sulla parte della pianta usata e specifiche sulla sua azione, risulta carente: la documentazione dello scrittore si dovrebbe rivelare nell’approfondimento dei temi affrontati, non nella sola menzione. Ne “La trebbiatura” è bella l’ambientazione rustica e curioso l’intrigo della truffa, ma risulta troppo tecnica e lunga la descrizione relativa al lavoro nei campi delle macchine agricole.
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