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Anno edizione: 2018
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il romanzo racconta la storia di un gruppo di ragazzi di Pavia che alla fine del liceo devono decidere cosa fare del loro futuro. Purtroppo per lo stile e la gestione delle tematiche il libro non mi è piaciuto. Ho avuto difficoltà nel proseguire la lettura. Non credo che lo rileggerei.
Già dalle prime pagine, il romanzo lascia intendere l’abilità dell’autore a descrivere con semplicità e chiarezza i pensieri ed i desideri adolescenziali dei personaggi, tipici e comuni di tutti coloro che vivono tale periodo. Originale l'idea della scrittura in corsivo per descrivere i pensieri, distinguendoli in modo palese dai dialoghi. Sicuramente un ottimo libro. Alberto
Ben scritto e travolgente, un libro più per ragazzi che per adulti. L'ho comunque trovato molto bello
Recensioni
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Apri il libro. Inizi a leggere con un po’ di scetticismo.
L’autore, Rocco Civitarese, ha diciotto anni e frequenta l’ultimo anno di Liceo a Pavia. Le storie dei liceali, da Federico Moccia in poi, le conosciamo. Pensi.
Poi trovi in esergo una citazione di Niccolò Ammaniti, bella non banale, una di Wislawa Szymborka, bene… molto ad affetto, e un’altra di Federico Fellini, con cui il giovane Civitarese letteralmente ti mette al tappeto.
La prima domanda che ti gira in testa mentre leggi è: “Ma io come scrivevo a diciotto anni?”. A colpire più dell’ambientazione, più dei personaggi, è proprio la scrittura. Uno stile maturo possiamo dire. Perché l’autore scrive con un linguaggio diretto, immediato e scrive anche i pensieri che rivolge a se stesso, utilizzando un sottotesto, un continuo controcanto o fraseggio, che ti fa letteralmente precipitare nella via del protagonista, Pietro Mazzoccone. In questo caso Zerocalcare docet.
Pietro vive a Pavia, sulla riva destra del Ticino, frequenta l’ultimo anno di liceo ed ha un’unica grandissima ossessione: superare il test di Medicina per entrare all’Università. Come fare? No problem, lui è anche un po’ abruzzese “e quando c’è bisogno non solo di intelligenza agile e di spirito versatile, ma di volontà ferma, di persistenza e di resistenza… Tu sei abruzzese!” (-cit. Benedetto Croce!).
L’altra suo ossessione è Anna Pettirosso. Mora, capelli lunghi, mezzo sangue meridionale. Ogni volta che Pietro prova a darsi un tono lei lo disinnesca, impugna il suo bisturi e lo disseziona: la ragazza perfetta.
Poi naturalmente ci sono i suoi amici, Davide e la squadra di pallacanestro di San Marco, Laura e Giustino, Lucilla ninfetta ammaliante, testosterone a fiumi. Ma dopo tutto a quell’età è normale, no? Una vacanza a Camogli che lo immerge in Anna come una spugna, per 72 ore. Con l’unico problema di Debora, Debora Pettirosso sorella di Anna. È lei che lo ha invitato nella sua casa di Camogli, è lei la sua fidanzata. Trattasi di dramma, quindi…
Così mentre entriamo a bomba in questo psicodramma, a metà vissuto a metà sognato a occhi aperti, scopriamo che “Sì, si può scrivere bene anche a diciotto anni”, anzi probabilmente le cose più interessanti da sapere ce le possono dire proprio i diciottenni come Pietro. A questi Millennials forse basterebbe avvicinarsi, sganciare dall’orecchio un auricolare, e intercettare il flusso delle loro vite.
Prenderemmo tutti una bella scossa.
Recensione di Annalisa Veraldi
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