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Usando come sorprendente punto di partenza gli affreschi dell'Angelico a Firenze, Gregorio Botta racconta le esistenze opposte e parallele di Jackson Pollock e Mark Rothko con l'occhio dell'artista, spiegando le radici, la genesi e le conseguenze di due modi di dipingere agli antipodi.
«Ecco perché la storia di questi due campioni è cosí importante e rappresentativa: perché custodisce non solo le loro vite dolorose, non solo la potenza delle loro opere, ma anche lo yin e lo yang dell'arte occidentale. O almeno: uno dei tanti yin e yang che la vanno animando.»
Da un lato la perfezione del gesto, dall'altro la ricerca di una pittura che «respira»: Jackson Pollock e Mark Rothko sono stati gli interpreti finali di due visioni dell'arte che si fronteggiano da secoli. La storia intensa e drammatica di due personalità straordinarie, fondamentali nella creazione del paesaggio mentale dell'uomo contemporaneo. Hanno spostato il baricentro della pittura da Parigi a New York. Hanno condiviso amici e galleristi. Hanno esposto insieme, frequentato gli stessi critici d'arte, bevuto fiumi di whisky. Li accomuna anche la morte tragica. Eppure Jackson Pollock e Mark Rothko non potrebbero avere linguaggi piú diversi. Il primo diceva «Io sono la natura», e attraverso il dripping ha cercato l'espressione di sé. Il secondo ha inseguito il silenzio, la luce, il vuoto del non sé. Usando come sorprendente punto di partenza gli affreschi dell'Angelico a Firenze, Gregorio Botta racconta le loro esistenze opposte e parallele con l'occhio dell'artista, spiegando le radici, la genesi e le conseguenze di due modi di dipingere agli antipodi.
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