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Anno edizione: 2016
recensione di Vozza, M., L'Indice 1990, n. 4
Adorno scrisse Il gergo dell'autenticità tra il 1962 e il 1964, concependolo dapprima come una parte della Dialettica negativa e presentandolo poi come testo autonomo. In tale veste ci viene ora proposta la traduzione italiana preceduta da un cospicuo saggio introduttivo di Remo Bodei che ha potuto avvalersi di un carteggio inedito tra Adorno e Kracauer. Il sottotitolo del libro: "come Marx e Engels avevano smascherato l'ideologia tedesca del XIX secolo, così Adorno affronta criticamente l'ideologia del XX secolo che, a suo avviso, prende forma nel gergo dell'autenticità, considerata "la forma attuale della falsità".
Già negli anni venti, un gruppo di intellettuali, tra cui Rosenzweig e Buber, si fecero promotori della ricerca dell'autenticità, considerata ormai irreperibile nel mondo contemporaneo. Nella ricostruzione di Adorno, Heidegger avrebbe poi legittimato filosoficamente questo oggetto di culto; nel secondo dopoguerra, il gergo dell'autenticità si è standardizzato, diventando un'ideologia comune a tutti coloro che credono di potersi sottrarre agli imperativi della società di massa.
Il principale obiettivo polemico è Heidegger, accusato da Adorno di provincialismo, di ostentato radicamento nel suolo contadino della Selva Nera e di nostalgia per forme di vita preindustriali. Questo romanticismo agrario assumerebbe dignità filosofica nella distinzione tra autenticità e inautenticità, formulata da Heidegger in "Essere e tempo". Come è noto, Heidegger sostiene che la nostra esistenza è caratterizzata da una preliminare situazione di "gettatezza", in cui il soggetto si trova collocato in un mondo che non ha contribuito in alcun modo a determinare per cui non può far altro che partecipare, innanzitutto e per lo più al modo comune di percepire e giudicare le cose, acquisendo così la necessaria familiarità con un mondo di significati preesistenti. Secondo Heidegger, questo stato interpretativo quotidiano è la condizione, per quanto inautentica, di ogni ulteriore progetto esistenziale. Si esce dallo stato di inautenticità quando si collocano gli enti intramondani all'interno del proprio personale (e perciò autentico) progetto di esistenza. Va sottolineato come Heidegger parli dell'autenticità in senso etimologico, connessa cioè all'aggettivo 'eigen' che significa "proprio": per cui è autentico l'Esserci che si appropria di sé nel progettare le possibilità che gli sono proprie.
La critica di Adorno si fonda su una sistematica distorsione del pensiero heideggeriano, a cui vengono attribuiti inesistenti giudizi di valore a proposito dell'autenticità e che viene pertanto imputato di ideologia, proprio laddove Heidegger si attiene ad una rigorosa analitica esistenziale. L'essere per la morte (inteso come possibilità autentica) rivela all'uomo la struttura dell'esistenza come apertura al mondo: non si tratta quindi per Heidegger di regredire al culto della morte, ma di concepire la vita come spettro di possibilità. Anche in questo caso, Adorno riduce sensibilmente la complessità del pensiero di Heidegger, tratteggiando una caricatura del filosofo nazionalsocialista che promuove la retorica del sacrificio e della morte.
Per Adorno il gergo dell'autenticità si esprime nel "mormorio senza fine di una liturgia dell'interiorità". L'aver individuato la correlazione teorica tra profondità, interiorità e autenticità che genera il modello di pensiero egemone nella filosofia occidentale (Heidegger incluso) costituisce il principale e non trascurabile merito di questo brillante pamphlet.
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