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George L. Mosse, l'Italia e gli storici - Donatello Aramini - copertina
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George L. Mosse, l'Italia e gli storici - Donatello Aramini - copertina

Descrizione


George L. Mosse è stato uno dei più importanti storici della seconda metà del Novecento. A dieci anni dalla sua scomparsa, il volume ricostruisce, attraverso un'attenta e scrupolosa analisi della corrispondenza dello storico americano, delle recensioni ai suoi libri e dei principali lavori scritti dagli storici italiani sulle tematiche da lui affrontate, la fortuna delle ricerche di Mosse in Italia, il loro impatto e le discussioni che suscitarono. La ricerca indaga la lenta trasformazione della ricezione dei suoi lavori, partendo da quella contrastata degli anni Sessanta e Settanta, fino alla fama e ai numerosi attestati di stima che circondano oggi il nome di Mosse, tratteggiando la reale influenza di questo grande maestro della storiografia internazionale sugli studi nel nostro paese. Attraverso la lente della sua fortuna, il saggio mostra frammenti e passaggi compiuti dalla nostra storiografia, esponendo un affresco di storia del dibattito italiano su quel "cultural turn" che ha investito gli studi più recenti. Esso illustra alcuni grandi nodi storiografici che hanno contraddistinto il lungo cammino percorso negli ultimi quarant'anni dalla storiografia italiana, che ha trovato, grazie anche agli scritti e riflessioni di Mosse, al pari di altre tradizioni e indirizzi di ricerca, una fonte per meditare attorno ad alcuni problemi della recente storia europea.
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Dettagli

2010
15 aprile 2010
272 p., Brossura
9788856823448

Voce della critica

Ebreo berlinese nato nel 1918, fuggito in Inghilterra all'età di quindici anni, George Lachmann Mosse fu attivo negli Stati Uniti a partire dall'epoca della seconda guerra mondiale. Scrisse studi fondamentali per comprendere i fascismi dal punto di vista antropologico-culturale e fondò, con Laqueur, il "Journal of Contemporary History"; morì nel 1999, relativamente poco noto in Francia e Gran Bretagna, molto più in Italia. Nel quadro del nostro dibattito nazionale sul fascismo, che questo studio di un ricercatore dell'Università di Cassino contribuisce a ricostruire, le sue posizioni furono accolte da Spini, Romeo e De Felice – che con lui, al pari di Emilio Gentile (autore nel 2007 di un libro su Mosse, Il fascino del persecutore), tenne anche una corrispondenza – per la capacità di strutturare un'antropologia culturale del fascismo. Suscitò tuttavia le dure reazioni di quanti (Furet in testa) ne osteggiavano la teoria della filiazione giacobinismo-nazionalismi-fascismi, già presente in Talmon e perfino in Drieu La Rochelle. Collotti, Salvadori e Tranfaglia avrebbero inoltre criticato in Mosse la tendenza a concentrarsi sulla propaganda e a parlare non di coazione, ma di consenso per spiegare il crossclass appeal dei fascismi. Né sono mancati attacchi dagli stessi ambienti defeliciani: Cofrancesco lo accusava di "pericoloso dilettantismo". La visione del fascismo quale comunitarismo europeista e non meramente reazionario gli ha procurato spesso l'ammirazione della destra storiografica, benché Ernst Nolte ne giudichi ancor oggi riduttivo l'approccio, basato, a suo dire, solo sul tema soreliano del mito in politica e sull'idea dei destini nazionali.
Daniele Rocca

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