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Geometrie del tempo - Stefania Consonni - copertina
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Geometrie del tempo - Stefania Consonni - copertina

Descrizione


Nell’Inghilterra del Settecento nasce il romanzo quale ancora oggi noi l’intendiamo, ossia come il più capace e minuzioso, il più prodigioso ingranaggio di discorsi, immaginario e forme che si sia mai inventato. Ed è da allora, nonostante continue ridefinizioni di codice, erosioni di confini e salti di paradigma (e più di un tentativo di suicidio), che le modalità narrative attuate da Daniel Defoe, Samuel Richardson, William Godwin, Henry Fielding e Laurence Sterne sono fra i cardini semiotici della nostra cultura letteraria e visiva. Perché con le sue configurazioni di trama il romanzo si costituisce attraverso proprietà morfologiche che hanno segnato indelebilmente la teoria della letteratura e delle arti visive, così come la storia dell’estetica e dell’epistemologia. Giovane ma già audace, e da subito raffinato, il romanzo inglese del Settecento lavora con geometrie del tempo che sono tanto costrutti cronologici quanto strutture visuali. Stefania Consonni imposta il problema della configurazione romanzesca in chiave intermediale e interdisciplinare, come luogo di un’articolazione complessa fra tempo e spazio, come dialogo fra segni e linguaggi differenti e complementari. Dall’intreccio fra la riflessione sulla temporalità letteraria e l’utilizzo di strumenti della spazialità nasce un’idea di morfologia narrativa come intelligenza dello schematismo, come articolazione di contingenza e geometria; un’idea che si confronta con le relazioni fra testo e immagine, e con gli odierni problemi della rappresentazione, della mimesi e della referenza. L’autobiografia fittizia di Defoe, l’epistolario sentimentale di Richardson, il poliziesco ante litteram di Godwin, la saga eroicomica di Fielding e l’anatomia dell’intelletto di Sterne si mostrano così tutte declinazioni di un’unica intelligenza –quella settecentesca–che tali questioni già aveva riversato, e con forza, nella forma romanzo.

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Dettagli

2012
11 dicembre 2012
400 p.
9788860368478

La recensione di IBS

Nell’Inghilterra del Settecento nasce il romanzo quale ancora oggi noi l’intendiamo, ossia come il più capace e minuzioso, il più prodigioso ingranaggio di discorsi, immaginario e forme che si sia mai inventato. Ed è da allora, nonostante continue ridefinizioni di codice, erosioni di confini e salti di paradigma (e più di un tentativo di suicidio), che le modalità narrative attuate da Daniel Defoe, Samuel Richardson, William Godwin, Henry Fielding e Laurence Sterne sono fra i cardini semiotici della nostra cultura letteraria e visiva. Perché con le sue configurazioni di trama il romanzo si costituisce attraverso proprietà morfologiche che hanno segnato indelebilmente la teoria della letteratura e delle arti visive, così come la storia dell’estetica e dell’epistemologia. Giovane ma già audace, e da subito raffinato, il romanzo inglese del Settecento lavora con geometrie del tempo che sono tanto costrutti cronologici quanto strutture visuali. Stefania Consonni imposta il problema della configurazione romanzesca in chiave intermediale e interdisciplinare, come luogo di un’articolazione complessa fra tempo e spazio, come dialogo fra segni e linguaggi differenti e complementari. Dall’intreccio fra la riflessione sulla temporalità letteraria e l’utilizzo di strumenti della spazialità nasce un’idea di morfologia narrativa come intelligenza dello schematismo, come articolazione di contingenza e geometria; un’idea che si confronta con le relazioni fra testo e immagine, e con gli odierni problemi della rappresentazione, della mimesi e della referenza. L’autobiografia fittizia di Defoe, l’epistolario sentimentale di Richardson, il poliziesco ante litteram di Godwin, la saga eroicomica di Fielding e l’anatomia dell’intelletto di Sterne si mostrano così tutte declinazioni di un’unica intelligenza –quella settecentesca– che tali questioni già aveva riversato, e con forza, nella forma romanzo.

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