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Viene proposta una nuova edizione di Lavoro, cultura e mentalità nella società industriale (Laterza, 1986), arricchita di cinque testi inediti in Italia, ma con tre capitoli in meno rispetto al precedente volume (sull'immagine a sinistra della donna, sul radicalismo politico dei calzolai dell'Ottocento e sulla "creazione" della classe operaia tra il 1870 e il 1914). Al lettore si offre la possibilità di ripercorrere alcune fasi rilevanti degli studi sul movimento operaio, a cui Hobsbawm si dedicò negli anni sessanta e successivamente. Quel tipo di studi è nel frattempo diventato una disciplina universitaria, ma si colloca pur sempre, secondo l'autore, "al punto di intersezione tra politica e studio accademico, fra impegno pratico e comprensione storica, fra interpretazione del mondo e proposito di cambiarlo". Tra le questioni affrontate dallo storico inglese, molte sono di carattere "comparatistico": il rapporto del concreto movimento dei lavoratori con la "coscienza di classe", con la religione, con la patria, con i rituali collettivi. Altre, sviluppate nei saggi inediti, concernono invece la peculiarità del mercato del lavoro londinese, le discussioni sul concetto di "aristocrazia operaia" e le possibilità organizzative dei lavoratori. Recensendo nel 1977 il volume di Piven e Cloward I movimenti dei poveri (Feltrinelli, 1980), nel quale venivano presentate severe obiezioni circa le capacità dei leader di approfittare del culmine delle proteste spontanee, Hobsbawm non si esimeva da toni polemici contro "le periodiche 'mode' dell'anti-organizzazione", riconducendo simili posizioni a "crisi di fiducia" e, nella fattispecie, al disappunto degli americani Piven e Cloward per le esperienze fallimentari della sinistra statunitense negli anni sessanta.
Giovanni Borgognone
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