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"Il gene del dubbio" è un romanzo pubblicato nel 1999, una mistura esistenzialista di elementi fantascientifici e gialli. Ecco, in sintesi, la trama. Anno 2063. In una clinica inglese, un medico, il dott. Friedrich Clause, raccoglie le memorie di un moribondo. Il paziente, un certo James Wright, molti anni prima un famoso scrittore, ha visto la sua carriera bruscamente interrompersi per il rifiuto di sottoporsi al test del DNA, un semplice esame del sangue, che, a partire dall'anno 2026, certifica il possesso della creatività. Da quando questa procedura, iniziata con la scoperta del gene dell'arte da parte dello scienziato Albert Zimmerman, è diventata obbligatoria, la bravura di uno scrittore non è più decretata dal pubblico e dalla critica, le case editrici hanno subito un repentino ridimensionamento, è esplosa la caccia al genio in erba e si è addirittura provveduto ad analizzare i resti degli scrittori defunti. Chi non sa scrivere, ma è "positivo" al test, è destinato a produrre sicuri bestseller. In tutto questo, Wright, scrittore affermato, tra i pochi dissidenti, di fronte al timore di una possibile smentita, ha preferito vivere nel dubbio, rifiutando di sottoporsi al test e autocondannandosi di conseguenza al silenzio e all'emarginazione. Che dire?... Il romanzo è gradevole, breve, di agile lettura, con un tipo di scrittura più o meno lineare, colmo di ironia, ma, all'unisono, pure tanto inquietante. L'autore cerca di indurre il lettore a una serie di riflessioni che, nella loro sinistra attualità, anche e soprattutto per alcune similitudini con quello che stiamo vivendo oggigiorno, risultano essere terrifiche. In breve e a dispetto di tutto, l'opera, che vuole essere un amaro elogio del dubbio, è latrice dell'intimo messaggio secondo cui niente deve essere più forte della libertà di scelta, la libertà di scegliere di rimanere nel dubbio... Lo consiglio a chi apprezza temi del genere!
Un'idea geniale rovinata da uno svolgimento ed uno stile narrativo poco fluido. Ho appena terminato il romanzo ed in testa mi ronza una domanda/provocazione: Se un tema così intrigante fosse finito nelle mani di un fine narratore, uno Stephen King per intenderci, che romanzo avrei tra le mani?
Il ritmo è lento, per niente coinvolgente...L'unico motivo per cui lo si legge fino in fondo è per scoprire la risposta del test fatto da James Wright. Ma alla fine nei lettori si insinua solo il dubbio...
Recensioni
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