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Anno edizione: 2024
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Traverso scrive giustamente che l'esclusione degli arabi ha origine nell'ideale egualitario del kibbutz (v. anche recensione di Chambers). Il socialismo del kibbutz ha contrastato la libera proprietà privata, là dove arabi ed ebrei convivevano. Nell'economia israeliana lo Stato ha una presenza massiccia. Lo ha perché Israele vive in stato di guerra da sempre. A dichiarare guerra ad Israele sono stati tutti i paesi arabi. Gli stessi che avevano lo scopo di annientare Israele e non hanno mai mosso un dito per i palestinesi, se non per armarli e incitarli all'odio contro Israele, come fa l'Iran. Ovviamente questo Traverso non lo dice. Anzi, collega direttamente il kibbutz colonialista a Israele bastione dell'imperialismo. Il salto storico-logico è impressionante; ma stiamo leggendo un pamphlet; che va letto perché è un buon Cencelli degli argomenti e dell'argomentare dell'estrema sinistra imbevuta di studi culturali e postcoloniali. Dove i concetti, che servono a decostruire le maglie del sapere-potere del colonialista Israele (Said!), e mai analizzano la "moltitudine resistente" (e immagino desiderante) dei palestinesi, sono più importanti della realtà, Per questo si comincia e si conclude con il manicheismo (Fanon!) Sud globale vs Occidente. Traverso ha ragione quando vede i rischi di banalizzazione della memoria della Shoah: il che accade perché il discorso pubblico banalizza la nascita di Israele collegandola alla Shoah (come fa Traverso in un sillogismo pro-israeliano, del tutto vacuo: Marcello Flores ha chiarito che non si può parlare di genocidio). Inoltre, interpretando il militante di Hamas come partigiano, ammette implicitamente la complicità dei palestinesi. Il che è vero sempre o i palestinesi potrebbero contestare questa assimilazione? E se è vero, quali idee giuridico-politiche e socio-economiche avrebbero in un contesto di due Stati o di Stato binazionale? E se non è vero, chi ha mai sentito la voce di un intellettuale palestinese protestare?
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