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Personaggi ben definiti sotto il profilo psicologico e storia interessante che affonda le radici nei secoli precedenti. Mi è piaciuto moltissimo. Bravissima l'autrice! Penso che cercherò altri suoi libri ...
Recensioni
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Poetessa e scrittrice, autrice di numerose traduzioni dalle lingue classiche, ma anche di versioni da Yves Bonnefoy (L'acqua che fugge, Fondazione Piazzolla, 1998), Maria Clelia Cardona cede alla tentazione del "giallo", che già si era affacciata nei suoi notevoli racconti di ambientazione tardo antica (L'altra metà del dèmone, Marsilio, 1997). In un'ombrosa contemporaneità, nel mondo ambiguo degli antiquari romani, dove il vero e il falso si toccano rendendosi talora indistinguibili, nei palazzi dell'esangue aristocrazia nera, un intreccio viene a ruotare intorno a una tela che pare della mano estrema e malferma del vecchio Nicolas Poussin. Le stagioni della vita vi danzano un inquietante girotondo, intanto che una clessidra si svuota, sotto lo sguardo duro e minaccioso del tempo. Un tempo difficile da situare, così come quello sguardo, che ha forse a che fare con l'albero genealogico del conte Camillo Marineschi: Lillo per le sue non sempre edificanti frequentazioni. Un mondo e un'ambientazione che, se ricordano i polizieschi che si compiacque di scrivere Federico Zeri, non delimitano qui un semplice divertissement erudito. La chimica del falso gioca in questa vicenda un ruolo di primo piano. Lo intuisce il restauratore Bernardo, i cui lavori "sono sempre preceduti da un'indagine che si potrebbe chiamare filologica, ma che è sostanzialmente poliziesca", e consapevole tuttavia che la perizia tecnica è condizione necessaria ma non sempre sufficiente, tanto da richiedere approssimazioni di altra natura a dipanare i fili del racconto. Che poi è la convinzione della sua inquieta compagna, l'antiquaria Alfonsina, e della stessa autrice, se è vero che "ogni delitto resta immerso in un blackout conoscitivo, anche quando tutto viene spiegato e il colpevole assicurato alla giustizia. In quell'alone di buio si muovono non solo la vittima e l'assassino, ma tutte le persone coinvolte".
Marco Vitale
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