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- Non si può né si deve aver paura della verità e della ricerca della verità - è la cartina al tornasole de "La fucina del diavolo". Emissari di questa ricerca i meteoriti - bolidi di un bagliore accecante - che solcano il cielo in pieno giorno segnando il fiorire dell'uomo nuovo che permea la fine '400. Per Giselle, ormai donna e innamorata, sono l'occasione di mettere alla prova sentimenti e ideali: "Il bene è amore, nel senso più esteso del termine, e amore è tutto ciò che fa crescere secondo la propria natura; il bene è conoscenza; il bene è anche volontà diretta a un fine giusto e disinteressato". Ma, si chiederà il lettore, il bene è anche e sempre felicità? Per chi ha letto "La Signora del borgo" c'è la compiaciuta meraviglia di scoprire un Valtergano ancora diverso, diabolicamente bravo. Nonostante i timbri d'autore, rappresentati dalla nitidezza tridimensionale dei caratteri e dallo stile scorrevolmente classico, qui il viaggio interiore si concretizza in viaggio fisico che dà al primo l'occasione di provarsi. Quello che ne "La Signora del borgo" era giallo, qui diventa thriller, l'ambiente rurale si cambia in cittadino; il gioco passa dalle mani delle donne a quelle degli uomini. Cecco, finalmente medico, morde il frutto oltre lo specchio; il signore della cittadella, in un gioco alla Alice B. Toklas, si merita un nome quasi solo per rivelare nell'allievo la maestria di Cornelio Adinolfi; l'immancabile Costanzo Guiderdini sfoggia un'anima tanto nera da consentire a tutti di sviluppare la foto della propria sulla sua. E poi ci sono i nuovi: Giovanni, di cui si può dire grande in ogni senso; Terenzio Gramellino, mercante di occasioni; il conte Ottaviano, che gioca a scacchi con la vita ma ha imparato a farlo seriamente; Ludovico Ruperti, nei panni di un Cetto Laqualunque di una nobiltà in declino. È un libro che si fa amare. Tutto. Da subito. Con passione viscerale. Una vera perla delle letture d'autunno.
Anche questo è un giallo, proprio come LA SIGNORA DEL BORGO in cui nascono i personaggi che davano luogo al primo episodio. Ma qui l'avventura comincia subito, fin dalla prima pagina: di nuovo catapultati nel "borgo", tutto parte da un nugolo di meteoriti che solcano il cielo e la vita dei personaggi. La loro scia si confonde a quella lasciata dall'omicidio che apre la vicenda e da lì si dipana, si intreccia e riprende i caratteri e i ceti sociali, borghesia e contadini di un Rinascimento in boccio, che vengono trascinati insieme al lettore attraverso Bologna, Meldola, Cesena, il Montefeltro, Forlì per poi ritornare al punto di partenza: cuore della fucina e crogiolo della vicenda. Scienza e magia, religione devota e religione ruffiana guizzano nei capitoli sempre brevi che rapiscono il lettore come ciliegie. E il finale trova compimento in uno sfavillio di colpi di scena e scene mozzafiato degni del miglior fochista d'artificio. Magistrale Valtergano dal tocco nuovamente cinematografico e delicato... che finalmente restituisce dignità anche agli uomini e ne cesella la solida bellezza.
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