L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (1)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Tra il Reno e la Vistola c'è un popolo di barbari superficialmente incivilito o kulturalizzato, ma noi non siamo tedeschi o barbari. Noi non avremo remissione per gli eserciti combattenti contro di noi..." È curioso vedere che il Duce esaltava la guerra di per sé stessa, come un'affermazione di forza di una "nuova e grande" Italia, cui si contrapponeva il disprezzo per il "popolo di barbari tra il Reno e la Vistola". Questi "barbari" tedeschi furono poi osannati da Mussolini come "camerati" appena una ventina di anni dopo. Qui il Prof. Omer Bartov, traccia una magistrale interpretazione dell'imbarbarimento della guerra sul fronte orientale, offrendo al contempo un ritratto molto particolare della Germania nazista vista sotto molteplici angolazioni. Come storico, Bartov è il più noto a livello mondiale per i suoi studi dell'esercito tedesco ed il suo ruolo nella seconda guerra mondiale. Bartov ha sfidato l'opinione diffusa che l'esercito tedesco era una forza apolitica che aveva poco coinvolgimento in crimini di guerra o crimini contro l'umanità nella seconda guerra mondiale. Per esempio, Bartov ha sostenuto che la Wehrmacht era un'istituzione profondamente nazista che ha svolto un ruolo chiave nella Shoah nelle zone occupate dell'Unione Sovietica.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La questione che è al centro di questo lavoro di Omer Bartov è il livello di partecipazione della Wehrmacht alla politica di sterminio - non solo degli ebrei, ma della popolazione civile in genere - promossa dai nazisti in Russia. Attraverso lo studio di un campione, costituito da tre divisioni che combatterono sul fronte orientale, Bartov arriva alla conclusione - più che convincente - che l'esercito tedesco, lungi dall'essere scarsamente ideologizzato, e dunque non connivente con gli orrori del regime, come molti storici - e reduci - hanno sostenuto, in realtà fu largamente coinvolto nei crimini di massa commessi nell'Europa orientale tra il 1941 e il 1945, cui i suoi uomini presero parte senza particolari remore morali.
Bartov ipotizza tre cause per questo "imbarbarimento" della guerra a Oriente (tanto più sconvolgente se si pensa al comportamento sostanzialmente "civile" che i tedeschi tennero nei confronti delle forze angloamericane): l'obiettiva durezza dello scontro sul fronte russo, la genuina adesione al nazismo di buona parte degli ufficiali subalterni, l'indottrinamento ideologico delle truppe. In sostanza, Bartov si colloca su posizioni affini a quelle di studiosi quali Goldhagen ( I volenterosi carnefici di Hitler ) e Browning ( Uomini comuni ), che in tempi recenti hanno insistito sul largo consenso che il nazismo, anche nei suoi aspetti più mostruosi, incontrò presso il popolo tedesco. Un punto in cui invece Fronte orientale si discosta da altri studi contemporanei è il problema dell'unicità di quei crimini. Bartov sostiene infatti che la politica di genocidio attuata dai tedeschi a Oriente non solo non è paragonabile alla violenza, di rimando, dell'Armata Rossa (la quale, nonostante le barbariche nefandezze commesse in Germania, non perseguì mai un progetto di sterminio della popolazione tedesca), ma, più in generale, non trova un termine di paragone in nessun altro conflitto europeo della stessa epoca. Per Bartov, ad esempio, la condotta degli Imperi centrali sul fronte orientale, nel 1914-18, fu molto meno feroce: gli unici paragoni che egli reputa calzanti sono lontani nel tempo (la guerra dei Trent'anni) o nello spazio (la guerra cino-giapponese).
Al contrario, ne La violenza, la crociata, il lutto (da poco tradotto in italiano, cfr. "L'Indice", 2003, n. 11), Stéphane Audoin-Rouzeau e Annette Becker sostengono che la "brutalizzazione" della politica (un concetto che i due studiosi riprendono da George Mosse, e che è alla base anche della nozione di "imbarbarimento" proposta da Bartov) operata dai nazisti è il risultato diretto della Grande guerra: lo sterminio praticato dalla Wehrmacht in Unione Sovietica (sette milioni di civili uccisi, due terzi dei prigionieri russi morti in cattività) altro non sarebbe che un'applicazione radicale di logiche emerse già durante il primo conflitto mondiale. Ovviamente, collegare le atrocità tedesche della seconda guerra mondiale a quelle della prima non significa sminuirne la gravità, ma solo individuare una più profonda spiegazione storica.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore