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From the courtly world to the infinite universe. Sir Philip Sidney's two Arcadias - Rosanna Camerlingo - copertina
From the courtly world to the infinite universe. Sir Philip Sidney's two Arcadias - Rosanna Camerlingo - 2
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Dettagli

1993
1 gennaio 1993
X-250 p.
9788876941474

Voce della critica

MELCHIORI, GIORGIO, Shakespeare, Laterza, 1994
DOMENICHELLI, MARIO, Il limite dell'ombra, Angeli, 1994
CAMERLINGO, ROSANNA, From the Courtly World to the Infinite Universe, Edizioni dell'Orso, 1993
recensione di Corti, C., L'Indice 1995, n. 4

"Che mondo vedo albeggiare! Perché non posso ritornare giovane?" scriveva, sospirando, il cinquantenne Erasmo nel 1517, poco dopo aver lasciato l'Inghilterra, con il cervello e l'animo ancora pieni delle conversazioni (arricchite di reciproci ammaestramenti) con Tommaso Moro. Erasmo aveva certamente intuito lo straordinario potenziale del Rinascimento britannico, che, sulla scia delle dottrine umanistiche, della riscoperta del mondo classico con la storia, la filosofia morale e la retorica, dell'eccezionale lavoro di traduzione che convogliava le esperienze letterarie italiana e francese, sarebbe infine esploso nelle ultime decadi del secolo, consegnando alla storia inglese delle lettere, delle idee, e alla storia tout court un fenomeno culturale di valore estetico e spessore concettuale ineguagliabili (di fatto ineguagliati).
Ciò che Erasmo non poteva prevedere erano le tensioni che si sarebbero verificate più tardi, a complicare e oscurare quegli inizi esuberanti: tensioni politiche e sociali anzitutto, con il contropotere del Parlamento e le istanze mercantili puritane che avrebbero minato lo spettacolo del potere elisabettiano; ma anche tensioni espressive, con la satira blasfema e l'iconoclastia di Thomas Nashe, Robert Greene, Christopher Marlowe e degli 'University Wits'. Questo mondo complesso e contrastato rivive nel teatro, un medium che nel Cinquecento inglese corrisponde alla nostra televisione, nel quale ci introducono Melchiori e Domenichelli, il primo con una guida critica a tutti i drammi shakespeariani, il secondo con una ricerca sulla componente simbolica del teatro elisabettiano.
Che cosa è, che cosa è stato, e, soprattutto, che cosa può rappresentare per un lettore o uno spettatore di questa nostra disincantata fine di millennio il teatro del Rinascimento inglese, un teatro di mezzo millennio fa? Tanto per cominciare, i drammaturghi di Elisabetta I e Giacomo I avevano una coscienza della fisicità, della corporalità della scena, e insieme una consapevolezza che il teatro è soprattutto evento spettacolare - e non raffinata elocuzione poetica - tali da confermare le attuali teorie semiotiche sul testo drammaturgico, pensato e predisposto 'in sé' per la messinscena. Il drammaturgo John Marston, in un celebre appello al lettore, ammonisce che "le commedie sono scritte per essere dette ('spoken'), non lette, perché la vita di queste cose consiste nell'azione". L'azione, cioè il gesto e il coro dell'attore, garantisce il grado di partecipazione dello spettatore al momento teatrale, ai fini della famosa catarsi, omeopatica e liberatrice di forze represse, che è il massimo lascito aristotelico alla moderna codificazione del genere drammatico, ascrivibile proprio al Rinascimento, prima continentale e poi anche inglese.
Che dire poi del dibattito co-critico degli ultimi anni sulla dimensione metateatrale, ossia sul teatro che, in scena, riflette e discute sui propri trucchi, meccanismi, fedeltà e illusioni? Non è forse il teatro elisabettiano il primo teatro "moderno", proprio in quanto autoriflessivo, ostensore delle sue strategie comunicazionali nelle varie tecniche del "play-within-the-play" e dei "subplots"? La tecnica del "dramma nel dramma", dello spettacolo minore incapsulato 'en abŒme' nel dramma maggiore per reduplicarne i contenuti tematici e gli assunti epistemologici, e quella della trama secondaria, che riflette 'en miroir' i nuclei di azioni e le premesse concettuali della trama principale sono abituali nei drammi elisabettiani, che, va detto, sono "popolari" per la destinazione pubblica dei repertori drammatici, ma profondamente "aristocratici" per la provenienza colta - universitaria o non (il secondo caso è proprio quello di Shakespeare) - degli autori, esperti conoscitori della drammaturgia classica e coeva, e dunque abili manifattori della produzione scenica.
C'è poi, nell'ideale continuità fra teatro elisabettiano e teatro contemporaneo, la dimensione del doppio, sia al più ovvio livello strutturale - la scena che duplica, falsificandola, la realtà -, sia a livello concettuale: ci sono persone "doppie" in più di un senso; o perché simulano (il prototipo è Iago, "Non sono quel che sono"), o perché si sdoppiano in "altri": 'assassino che è doppio della vittima, l'amante che doppia l'amato/amata. Iago, Lady Macbeth, Bosola, Mefistofele, sono - come osserva finemente Domenichelli - 'symbola', spezzoni, tutti quanti, embricati l'un nell'altro di una stessa medaglia, ossia di una medesima, ambivalente, identità.
C'è infine, nella episteme elisabettiana, il teatro inteso, esattamente come nelle nostre attuali sofisticatissime teorie critico-retoriche, quale magia, incanto, falsificazione volontaria e programmatica. Il teatro è incantesimo e negromanzia sul piano dei contenuti tematici ci sono le streghe del "Macbeth", il Mefistofele vero protagonista del "Doctor Faustus" di Marlowe, le diavolerie del Synphax di Marston, le accuse diaboliche contro Otello Ma il teatro è anche "magico" a livello strutturale, in qualche falsificazione nel gioco illusorio delle parti, e nel rito negromantico della retorica.
Veniamo adesso al nuovo genere poetico, connubio non sempre equilibrato di eroicità e pastoralità, inaugurato dall'"Arcadia" di Sidney, argomento del volume di Rosanna Camerlingo. L"'Arcadia" (esistente in due versioni, la cosiddetta "Vecchia Arcadia", del 1579, e la "Nuova Arcadia", lasciata incompiuta dall'autore e pubblicata nel 1590 per la cura di Fulke Greville) è celebre soprattutto per aver instaurato la leggenda di Sidney quale figura paradigmatica di cavaliere, cortigiano, gran mecenate e martire della causa protestante, che muore trentenne per le ferite riportate in guerra contro la Spagna cattolica, uomo ideale del Rinascimento inglese.
Il confronto fra la "Vecchia" e la "Nuova Arcadia", nel contesto epistemologico e nel dibattito ideologico che sostanziano gli anni mirabili del periodo elisabettiano, propone un ampliamento progressivo da una concezione centripeta a una concezione centrifuga dell'universo; da una visione statica e monolitica a una visione dinamica e frammentaria di un mondo retto da equilibri instabili di opposizioni e contrasti. Il mondo dei pastori non comprende solo la vita contemplativa e il sollievo cerimoniale della poesia, ma anche la rozzezza dei villani e il disordine della folla ingovernabile. Lo spettro di contrasti fra elementi eroici ed elementi pastorali, fra imprese cavalleresche e rifugi idilliaci provoca piccole, ma endemiche esplosioni della scena utopica.
Giustapposte, le due "Arcadie" esplorano le imperfezioni sia della vita aristocratica, sia della vita contadina: l'equilibrio necessario al pastore, che assiste all'improvviso innalzamento della propria condizione sociale, non è meno precario, e difficile da mantenere, di quello che occorre al cavaliere immischiatosi in ambigue trame amorose. Non si tratta solo di stabilire inconciliabili opposizioni etico-sociali (o si realizza il potenziale inerente alla propria nascita, o lo si perverte, perché nessuno si trasforma impunemente in un'altra classe), ma, specialmente nelle ultime egloghe della versione sistemata da Greville, di ricordare al lettore che 'vita activa e vita contemplativa', fondamentalmente beneficate dalla reciproca ostensione, devono alla fine tuttavia separarsi.
Il mondo pastorale dell'immaginazione idealizzante non può essere che un'affascinante diversione momentanea dalla vita attiva, sociale e politica, che reclama ardui impegni. E così, sulle luci solari della remota, fantastica, protetta Arcadia, scendono lentamente le ombre della presente, concreta e vulnerabile Inghilterra.

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