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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2013
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Il lavoro di Scichilone offre una revisione della figura dello statista Francesco Crispi e del percorso complesso della sua vita ed è un contributo ad una revisione della critica gramsciana, che vide in lui un proto-dittatore, un autentico precursore - e personaggio ispiratore - di Mussolini, e pertanto da esecrare, con la conseguenza di un giudizio pesantemente negativo sulla traiettoria umana e politica del grande riberese. E che fece sì che egli venisse "espunto" dai "grandi" del Risorgimento, mentre legittimamente accanto a Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II e Cavour, dovrebbe collocarsi proprio lui, sia perché - dietro le quinte - fu dell'impresa dei Mille un artefice altrettanto importante di Garibaldi nel suo ruolo di condottiero, sia successivamente, nell'iniziale e travagliata storia politica e parlamentare dell'Italia Unita. Certo, gli viene ascritta la colpa di essersi comportato alla fine della sua vita, nel momento in cui assunse la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri nel periodo intercorso tra l'episodio di Massaua e la sconfitta di Adua, come uomo di destra - lui che era stato sempre considerato di sinistra e che, di fatto, sedette sempre alla sinistra dell'Aula parlamentare. Gli venero rimproverati aspramente alcuni errori e altre azioni "repressive". Ma fu un uomo pieno di sfaccettature e dalla personalità complessa, forgiato dalle sue origini albanesi ed impregnato per questo di ideali di solidarietà. Propositore, senza peraltro riuscirci, di una riforma agraria per far sì che una parte delle terre del latifondo venissero distribuite ai contadini, ma anche autore di un'importante riforma della previdenza sociale (di fatto l'INPS) nacque proprio con una Legge crispina. Giustamente osserva Scichilone, in chiusura della sua opera che, se non ci fossero stati questi aspetti estremi e contraddittori, semplicemente non ci sarebbe stato Crispi, uno dei grande artefice dell'Unità d'Italia e dell'inizio della vita parlamentare.
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