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scheda di Cirignano, A., L'Indice 1993, n.10
Ci sono topoi storiografici così resistenti da sembrare refrattari all'azione erosiva della riflessione critica. Tale sarebbe ancora, senza la pubblicazione di questo libro, l'idea che con "Idomeneo re di Creta" (1780-81) Mozart non sia andato più in là di un ultimo saggio, sia pur illustre e presago di nuovi sviluppi, della più aurea convenzione operistica del proprio secolo. La sua grande poetica teatrale - quella che surclassa la fissità stereotipa dei ruoli e degli affetti settecenteschi per puntare al cuore drammatico dell'azione nella sua mobilità psicologica e vitale - esploderebbe così solo nel "Ratto dal serraglio" (1781-82), con una deflagrazione inaspettata quanto priva di spiegazioni convincenti. Possibile? La tesi di Paolo Gallarati, che all '"Idomeneo" e al teatro musicale del Settecento dedica da sempre i suoi interessi di studioso, è che un salto in avanti così stupefacente dovette richiedere una rincorsa più lunga di quanto non lasci pensare il breve lasso di tempo che separa le due opere. Una rincorsa che inizia dunque ben prima di "Idomeneo", quantomeno all'indomani del "Re pastore" (1775) e durante la quale, esposto e sensibile ai venti di riscoperta shakespeariana della cultura tedesca di quegli anni, Mozart va maturando il nuovo ideale drammatico man mano che conquista gli strumenti che lo renderanno possibile in musica. Ovvero quelli dello stile classico, che con la sua duttilità permette di dare rilievo psicologico alla singola parola senza dover rinunciare a quel grado superiore di unità espressiva che è necessario e alla forma musicale e al personaggio quando è tale. Personaggi autentici riescono appunto quelli di "Idomeneo", opera che dall'analisi drammaturgica di Gallarati esce in una luce credibilmentere diversa da quella che conoscevamo.
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