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Fortuna e sfortuna della donna sposata. Sociologia della vita matrimoniale - François de Singly - copertina
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Descrizione


Quali sono i vantaggi che una donna ha dal matrimonio e quale il costo da lei sostenuto all'interno di un contesto sociale che concede troppo spazio ai discorsi sul matrimonio «invisibile», sullo stravolgimento dei ruoli e sull'emancipazione femminile? Con una posizione originale che prende le distanze sia dai fautori della relegazione della donna nella sfera domestica, sia dai promotori della sua autogestione, basandosi sui risultati delle indagini personalmente condotte da un quindicennio e sui dati di famosi istituti francesi di statistica, de Singly mette a punto una serrata metodologia di ricerca fondata su un'operazione di contabilità sistematica dell'interazione coniugale. Tale operazione permette di precisare di volta in volta il modo di gestire da parte della donna le proprie risorse culturali e «scolari» e di evidenziare le ripercussioni del matrimonio nel campo del lavoro.
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Dettagli

1994
1 marzo 1994
256 p.
9788822061638

Voce della critica


recensione di Ferazzi, S., L'Indice 1995, n. 1

"Essi assomigliavano a due cavalli da corsa. Li avevano pesati prima della partenza, e avevano riscontrato pesi identici; avevano promesso di correre alla stessa velocità; tutto era stato cosi ben calcolato che avrebbero dovuto terminare la corsa simultaneamente e abbandonare la competizione insieme. Ma adesso il marito aveva già un certo vantaggio sulla consorte. Se non avesse accelerato sarebbe rimasta indietro... E fu ciò che accadde". La gara tra i due sposi, ripresa dalla novella "Dissidi" di Strindberg, ben introduce l'interrogativo che si pone De Singly nel suo libro, di cui arriva con qualche anno di ritardo la traduzione italiana: la condizione coniugale arricchisce - o impoverisce - nello stesso modo la donna e l'uomo? Il testo è il frutto di un quindicennio di lavoro speso nel tentativo di fondare la sociologia della famiglia eterosessuale (e non solo, a differenza di quanto lascia presumere il titolo, della famiglia basata sul matrimonio) su analisi di "contabilità sociale". Riprendendo orientamenti concettuali elaborati a partire dagli anni sessanta, De Singly analizza il patrimonio invisibile della coppia, comparando tre diversi bilanci: quello familiare e quello di ciascuno dei due coniugi. L'identità dei singoli componenti della coppia è assimilata al possesso di un ipotetico "libretto di risparmio" personale, in cui gli interessi attivi e passivi si incrementano e si riducono, e su cui incidono pesantemente il trapasso alla vita in comune, la nascita dei figli, le rotture familiari.
Nell'opera sono presenti interessanti riflessioni sul concetto di dipendenza e di valorizzazione personale. Matrimonio, figli e professione sono interpretati prima in quanto strategie familiari, che soddisfano le esigenze dell'intero nucleo, quindi scomposti nei loro effetti contabili per i singoli membri e, infine, valutati alla luce delle garanzie offerte alla persona. Si riconferma così che, pur con le più complesse dinamiche ad alti livelli di scolarità, il matrimonio favorisce maggiormente il marito rispetto alla moglie. Mentre il primo ottiene una valorizzazione diretta del proprio capitale personale grazie alla presenza della consorte (supporto di cura e servizio, pubbliche relazioni), alla seconda è garantita solo una valorizzazione indiretta, nella misura in cui il coniuge arricchisce il comune patrimonio familiare grazie al proprio successo professionale. De Singly definisce questo caso un "trasferimento di capitale" dal conto femminile a quello maschile.
Un secondo tema ricorrente, accanto a quello della valorizzazione, è rappresentato dal ruolo delle politiche sociali nel definire la condizione femminile nella famiglia. L'argomentazione è articolata intorno a tre questioni: le determinanti socioeconomiche delle forme familiari del matrimonio e della convivenza, l'incidenza delle politiche occupazionali rivolte alle donne, il contrasto tra egualitarismo formale e disparità sostanziale nella definizione della condizione femminile e nella determinazione dei nuovi "costi del matrimonio" per le donne povere. Secondo De Singly, lo sviluppo della convivenza è stato determinato da una serie di fattori storici, tra cui emergono le frizioni strutturali del mercato del lavoro e l'incapacità delle politiche a gestirle, che hanno portato a una modificazione dei percorsi biografici, con il differimento dell'inserimento professionale e della conseguente stabilità reddituale. La popolazione dei conniventi risulta così formata in Francia prevalentemente da studenti, disoccupati e precari, e solo in minore misura da convinti detrattori del matrimonio. Le politiche occupazionali hanno inciso anche su un altro aspetto. Il 'part time', ad esempio, è stato promosso legislativamente e proposto principalmente alle donne in quanto modello che permette di combinare casa e lavoro, ma ha consentito per altro verso di non mettere in discussione il primato dell'impegno professionale degli uomini e la divisione sessuale del lavoro domestico. Le politiche intervengono infine sul versante delle disuguaglianze tra le donne, oltre che tra donne e uomini. Le riforme del diritto civile, con misure quali l'introduzione della parità tra i sessi e la legalizzazione del divorzio, hanno paradossalmente creato un divario tra chi possiede i mezzi economici e culturali per garantirsi tali diritti e chi non li ha. Si è cosi consolidata una frattura tra le potenzialità offerte dal diritto e la sua effettiva rispondenza agli interessi femminili. L'uscita dalla dipendenza coniugale ha significato per molte donne l'ingresso nella povertà, piuttosto che l'emancipazione. Rispetto a tali dinamiche lo Stato sociale rappresenta una forma di compensazione politica delle disuguaglianze create dal "suo Alter Ego, lo Stato di diritto", il cui risvolto negativo si esprime in quello che De Singly chiama il "matrimonio con il Welfare" delle donne povere, e nelle nuove forme di dipendenza che esso comporta.
In questo libro si fa riferimento principalmente alla realtà francese, in cui risultano decisamente più rilevanti che in Italia tanto le convivenze fuori del matrimonio, quanto le occupazioni 'part time' e le politiche di supporto familiare; tuttavia le riflessioni dell'autore forniscono una chiave interpretativa utile anche in contesti diversi, in cui mutamenti sociali di analoga rilevanza hanno innescato dinamiche similari di svalutazione della donna. È soprattutto interessante la proposta di concepire la famiglia come un'articolazione di identità e di interessi individuali, piuttosto che, tradizionalmente, come nucleo sociale unitario. In generale, il quadro chiaroscurale delineato nel libro documenta una parziale sconfitta delle donne, che si può leggere trasversalmente rispetto alle trasformazioni economiche, culturali e giuridiche, le quali, secondo De Singly, hanno intaccato solo marginalmente i meccanismi sociali di rivalutazione degli interessi familiari. L'asimmetria persiste e non viene meno neppure quando il sistema familiare si trasforma, per necessità sociali, morti, separazioni forzate o rotture.
A parte alcuni dubbi sui metodi utilizzati da De Singly per l'analisi "contabile" (il libro abbonda di riferimenti letterari divertenti e suggestivi, ma certo non probanti), più di un aspetto problematico accompagna la riflessione dell'autore, ad esempio rispetto al ruolo attribuito al diritto e alle politiche sociali. Il mutamento giuridico non risulta sempre un fenomeno di sfondo pienamente vivibile. Nel caso dell'analisi del rapporto tra famiglia matrimoniale e famiglia convivente, il discorso prescinde ad esempio dalla constatazione del diverso status giuridico delle due condizioni e delle diverse forme di regolazione che vi sono sottese. Rimane infine controversa l'interpretazione della discrasia tra diritto formale e diritto sostanziale, così come la pone De Singly, nei termini della "compensazione" operata dall'intervento del Welfare. La riflessione su questo punto ha il merito di rendere esplicito un nodo cruciale dello studio delle questioni di "genere" nei rapporti tra famiglia, diritto e politiche, i quali non possono essere valutati senza considerare il peso di variabili strutturali quali la condizione socioeconomica, l'età o la collocazione geografica. Ci si può però chiedere se il rapporto familiare possa essere assimilato in modo così diretto a quello politico, tanto da parlare metaforicamente di un "matrimonio con il Welfare" delle donne povere, e se le conseguenze di legami così eterogenei siano ugualmente dirompenti sull'autonomia personale.
In questo senso, il fatto che molte coppie divorzino "senza possedere le risorse sociali ed economiche sufficienti per assumerne le conseguenze" induce a guardare con maggiore preoccupazione all'assenza di politiche sociali efficaci che garantiscano gli individui, come un dignitoso patrocinio legale per le persone povere e una flessibile politica degli alimenti piuttosto che a ipotetiche involuzioni assistenziali. La condizione di chi è legittimo titolare di prestazioni sociali può cioè essere interpretata come il sintomo di un percorso di indebolimento sociale o, all'inverso, come una possibilità di "abilitazione" dell'individuo in quanto tale. Ciò che De Singly vede sostanzialmente come un trasferimento di vincoli, può anche essere letto in termini diversi, cioè, con un'espressione familiare all'autore, come uno spostamento di capitali, da fare fruttare, dal libretto familiare a quello personale della parte svantaggiata.

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