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Un altro volume di Bruni impregnato del suo particolare modo di leggere la esistenza non parcellizzata tra sociale, economico, spirituale. Poichè "tutte le parole si stancano, e l’uomo non sa parlare"Qohelet 1.8. Difatti il linguaggio è il primo segnale che dice la crisi antropologica, spirituale ed etica che attraversa il mondo dell’economia e dell’impresa. Un pensiero unico e imperiale, spesso considerato prerogativa della teoria economica liberale, che oggi assume le forme delle prassi umani e organizzative . Così la cultura delle grandi imprese sta occupando il nostro tempo con categorie,linguaggio, valori e virtù delle multinazionali che stanno creando e offrendo una grammatica universale adatta a descrivere e produrre tutte le storie individuali e collettive “vicenti”. Allora l'autore rilegge tutte le categorie e i meccanismi dalla propria prosettiva: la distruzione di massa delle virtù con l’ideologia dell’incentivo, mentre la lealtà non può essere contrattualizzata essendo una faccenda d’anima; del ringraziare e chiedere scusa che nella verità fa manager e dirigenti più fragili in un mondo dove l’invulnerabilità è il primo valore; dell’umiltà fondamentale per vivere e resistere durante le grandi prove; della generosità che non è efficiente perché ha bisogno essenziale di spreco e ridondanza,non è incentivabile, non rispondendo alla logica del calcolo; della compassione con l’agape, mentre la cultura immunitaria delle grandi imprese non vuole la compassione; della misericordia frutto del nostro impegno che non si incontra con la meritocrazia,avendo un rapporto intrinseco e necessario col perdono; della stima come bene relazionale, intrecciato con la reciprocità ; del vizio, come la virtù, è prima di tutto una categoria civile; il merito è una realtà posizionale e relativa, dove i meriti funzionali agli obiettivi, con due effetti: si incentivano troppo i meriti quantitativi e misurabili. Un approccio diverso, da conoscere.
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