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Anno edizione: 1991
Anno edizione: 2014
Anno edizione: 1991
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«Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo-alias-acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo». Parlare di Venezia significa parlare di tutto – e in particolare della letteratura, del tempo, della forma, dell’occhio che la guarda. Così è per Brodskij in senso pienamente letterale. Questa divagazione su una città si spinge nelle profondità della memoria del pianeta, sino alla nascita della vita dalle acque, da una parte, e, dall’altra, nei meandri della memoria dello scrittore, intrecciando alla riflessione le apparizioni nel ricordo di certi momenti, di certi fatti che per lui avvennero a Venezia. C’è qui, come sempre in Brodskij, l’immediatezza della percezione e il gioco fulmineo che la traspone su un piano metafisico. E, per il lettore, quella percezione, quel contrappunto di immagini e pensieri intriderà d’ora in poi il nome stesso di Venezia.
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Una grande passione per Venezia. Non è una guida nè un romanzo, sono brevi racconti, ricordi ed esperienze dell'autore che ogni inverno soggiornava per un certo periodo a Venezia... per lavoro? per necessità? no, semplicemente per amore verso questa città, che diventa come una "droga" di cui non puoi farne a meno.....Perchè? Perchè Venezia è unica, un'opera d'arte immensa. Grazie Brodskij ovunque tu sia, hai scritto un libro che è un gioiellino.
Il titolo è pretestuoso. Quel luogo infatti, nel testo, compare una sola volta, di sfuggita per giunta. Il libro è la consacrazione dell'acqua, elemento costitutivo essenziale di Venezia, della sua laguna. "Tempo alias acqua" scrive Brodskij, alludendo alla superiorità del tempo sullo spazio, rappresentato dai palazzi le cui facciate, dai pizzi verticali, sono il più bel disegno lasciato nell' eterno fluire dell'acqua verso l'Adriatico. E' stato entusiamante ma anche difficile immedesimarsi nel pensiero di Brodskij, sempre coinvolgente: metafisico, ma anche ironico e beffardo. Come quando chiama il causa la qualità che per definizione impressiona benevolmente i nostri sensi ( la grazia) per giustificare la reciprocità tra finito (il nostro senso estetico) e infinito (la bellezza di Venezia) per concludere che se non ci fosse la grazia bisognerebbe "davvero cercare una spiegazione benevola al fatto che in questa città (Venezia) ogni cosa ha un prezzo così salato". Oppure metafisico, quando elogia l' occhio umano eleggendolo a unico organo che non si stacca dal corpo, ma che lo subordina totalmente, assumendo quell'autonomia che ricerca sempre la bellezza e li', nel bello, trova il posto più sicuro in cui rifugiarsi. E quando, con accento poetico, ci fa notare che la lacrima , lei sola, è ancora più autonoma dell'occhio perché da esso si allontana e ne anticipa il futuro: concetto sublime nella sua semplicità. L' acqua è la costante dei racconti del libro. Spesso grigia con quel suo odore di "alghe marine sotto zero", così famigliare per un nordico come Brodskij. L' acqua di Venezia non solo "offre alla bellezza il suo doppio" , ma si fa accarezzare da se stessa attraversando in gondola quella "miniera piranesiana" che è il groviglio ordinato delle calli tra barocco e immaginazione, tra nebbia e luce, tra la nostalgia di dover lasciare la città e speranza di ritornarvi quanto prima.
La raffinatezza dei passaggi in cui Brodskij si cimenta serpeggiando tra i canali di una Venezia sognata e fisica spezza la città nella sua essenza invernale ed intima e lascia le briciole del turismo a chi non la vive con furore. E' la struttura che intercorre tra i sestieri che sorregge la penna dell'autore. Poco importa se calca la mano con la brutalità della sua poetica nuda e bruciante, le sue intuizioni geniali o una proverbiale vena sarcastica che fluidifica ancor più questo libro. Questo è, infatti, un libro fluido
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