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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Magistrale, come ogni libro di Simenon. Benché preferisca l'ambientazione parigina, anche questo romanzo lascia nel lettore un senso di turbamento, spaesamento, angoscia.
Uno dei primi "romans durs" di Simenon, nel quale già emerge tutta la maestria dello scrittore (anche se Simenon preferiva definirsi romanziere). Nonostante io prediliga le atmosfere francesi, non c'è dubbio che quest'incursione nella Georgia staliniana sia pienamente riuscita e renda ogni pagina un concentrato di angoscia, di ambiguità, di morte straordinario. Un altro titolo da consigliare a chi si desidera conoscere l'opera di Simenon.
Prestatomi da un amico e letto tutto d'un fiato. Bellissimo.
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1985)
scheda di Tomasi, D., L'Indice 1985, n.10
Adil Bey è il nuovo console turco, appena arrivato a sostituire il suo predecessore morto in circostanze poco chiare a Bartum, cittadina sul Mar Nero, nei primi anni di Stalin. Bey tenta di carpire i segreti della realtà che lo circonda. Ma presto capisce che sono piuttosto gli altri a spiarlo, ad osservarlo, a rendere più esplicita la sua estraneità. Poco alla volta la narrazione - tutta costruita sul punto di vista del protagonista - assume le cadenze di un thriller metafisico. Il malessere e l'angoscia di Adil, ma anche le sue speranze di comprendere, si materializzano in quella finestra della casa di fronte al consolato dove qualcuno sembra spiarlo e dove egli stesso lancia i suoi sguardi più apprensivi. L'ambiguità che attraversa e pagine migliori del romanzo, culmina in alcune scene particolarmente intense come l'immagine del punto rosso di una sigaretta alla finestra di fronte o il modo in cui Adil scopre che qualcuno lo sta avvelenando: validi esempi di intensità rappresentativa che certamente avrebbero sedotto l'Hitchcock de "La finestra sul cortile" o de "Il sospetto". Dal procedere del racconto emerge un mondo dove "tutto era sporco: muri, mobili, carte, sporco di quella sporcizia lugubre che si ritrova nelle caserme o in certi uffici pubblici", un mondo che anticipa di quindici anni quello dell'antiutopia orwelliana di 1984, e ne trasmette lo stesso senso dl oppressione.
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