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I filosofi analitici, per la loro formazione e impostazione, potrebbero essere, come alcuni lo sono stati, delle spie ideali? Occorre iniziare da come si è arrivati alla filosofia analitica (prevalentemente americana enella differenza con quella continentale), al cosa essa guarda e quindi che cosa essa "consenta" di fare. La filosofia analitica si ispira alla scienza: individua il metodo (l'analisi) differenziandosi (come mostra l'A.) dalla filosofia sul linguaggio, della scienza (epistemologia? delle scienze che sono "regionali": es. fisica, chimica, etc.), della mente, etc. . Essa analitica si situa fuori - per l'A.- dalla filosofia come "inconcludenza (..) programmatica, studiata, voluta, ricercata mancanza di soluzioni", occupandosi invece di problemi (non della storia della filosofia) dando soluzioni ai problemi recenti e sottoponendo le soluzioni stesse al controllo pubblico.La storia della filosofia sarebbe quindi definibile per l'A. lo "ufficio brevetti delle idee filosofiche". Seguono: lo "strano terzetto di Oxford" (Ryle, Ayer, Austin), i pragmatisti americani, i francofortesi, i circolisti, etc. Altresì si rassegnano, tra altri: Quine, Sellars: nell'olismo,il mito del dato,il triangolo rosso, etc. Durante la seconda guerra mondiale i cinque citati filosofi,ed altri insospettabili, furono agenti dell'intelligence, ciò stante lo stretto legame della filosofia analitica : "l'analisi del linguaggio rappresenta la base comune degli interessi anche per gli apparati": vedi es. rassegne stampa,etc.. Ma (ad es. con Ascombe) rilevano aspetti (Kant), l'azione morale intenzionale, contro il consequenzialismo. Anche la letteratura può essere (come è stata) al servizio delle spie: Maugham, Greene, Fleming, Le Carré tra l'intossicazione delle notizie, menzogne e doppiezze. L'A. conclude per la non conciliazione dei filosofi e poeti come spie in tempi di pace, un "doppio lavoro" che fa pensare a quale sia il "mestiere di pensare" secondo la filosofia analitica.
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