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Il volume indaga la storia della filosofia italiana di fronte a Schopenhauer in un periodo che va dal celebre saggio di Francesco De Sanctis su Schopenhauer e Leopardi del 1858 sino a prodromi della Grande guerra, mostrando le alterne vicende della filosofia di Schopenhauer nella cultura filosofica italiana, discutendone le interpretazioni piú significative, analizzandone il dibattito svoltosi nei circoli e nei salotti intellettuali, su riviste e manuali, nei corsi universitari, attraverso la diffusione di traduzioni e recensioni, saggi e volumi. La storia della prima fortuna del pensiero di Schopenhauer in Italia rappresenta la condizione necessaria non solo per capire in che modo il pensiero schopenhaueriano viene definito e svolto dai suoi interpreti, ma soprattutto per comprendere, nella sua interezza, la storia intellettuale dell’Italia e dell’Europa, all’interno del contesto della storia mondiale della idee, di cui Arthur Schopenhauer rappresenta con certezza uno dei pensatori più influenti e significativi.«Diciamo qualcosa, tanto per non far perdere il tempo alla gente, della fortuna dello Schopenhauer in Italia. Queste ricerche, per quanto sembrino riserbate ai bibliografi, non sono da ritenersi inutili per la storia della cultura, a meno che non si ritenga inutile, anche spiritualmente parlando, la cultura medesima». Con queste parole, già nel 1910, Giovanni Papini introduce un breve resoconto della prima fortuna del pensiero di Schopenhauer in Italia, indicandone due filoni interpretativi principali: il primo vede in Schopenhauer un “Buddha d’Occidente”, maestro di ascetismo e fondatore di una nuova religiosità; il secondo invece lo indica come maestro di disincanto e disinganno, erede della tradizione kantiana. Tali interpretazioni rappresentano le due anime dello schopenhauerismo, una romantica e l’altra illuministica, e innervano in vario modo tutta la storia dei suoi effetti in Europa.
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